SPIGOLATURE STORICHE E LETTERARIE
1.- Villecollefegato,un desiderio inappagato
dal romanzo di Luigi de Rosa L’Intreccio ed. Seneca, 2009
(Il romanzo è ambientato in Colombia dove risiede l’autore)
Pag. 494:
“ Il pensiero dell’Italia si fa più insistente. Andrà a respirare l’aria delle montagne dell’Appennino centrale. Il paese del padre non è poi alla fine del pianeta. Non ne ricorda il nome. Accende il computer portatile e cerca con accanimento la mappa dell’Italia. La penisola pare uno stivale, cortissimo se paragonato all’America meridionale. Scorre con la mano l’Abruzzo. Legge i nomi delle città e dei paesi lungo la catena montuosa. Borgorose, Grotti, Torano, Spedino, Castelmenardo, Villerose. Possibile? Nulla che gli ricordi il nome del paese paterno. “Sono rimbambito”. Niente che lo illumini. Con un moto di stizza si distende sul letto slacciando la vestaglia. “
Pagg. 566-567:
“Guarda l'atterraggio di un quadrimotore dalla coda dipinta con co-
lori che gli sono familiari: il tricolore. L'Alitalia arriva da Roma. Non
ha contatti commerciali di nessun tipo con la patria di suo padre. Gli
invii di cocaina da quel lato non sono diretti. L'Italia riceve grandi
quantità da est, non da ovest.
Guarda la sfilata dei passeggeri giunti assonnati.
Il padre gli raccontava dei salami che gli emigranti portavano a Panama
da casa. Ora è vietato. I prodotti alimentari non sono permessi.
Niente più salame paesano.
"Ville .. . Che testa. Villemontecuore. .. No, èdiverso. Qualcosa del genere.
Che diceva mio padre?
La gente, sulle montagne, aveva fegato ... " Un lampo. Se ne ricorda.
" Villecollefegato. Per Giove, proprio così. Villecollefegato.
Non sono rimbecillito." Sente un giusto entusiasmo.
Un prepotente bisogno d'aria lo coglie al polmone sinistro. Caccia fuori
la bottiglietta di toninaavuta da Leonid e ne beve un sorso. L'estratto d'olio
di delfino fa effetto. "Preparato da uno stregone. Che ci sarà dentro?"
L'equipaggio dell'Alitalia passa nel corridoio. Sono in tre: due piloti e
il comandante.
Don Alvaro li affronta. Che si fa in Italia? - domanda all'ultimo dei piloti. – Adesso
ci fa freddo - risponde il bassetto con accento del nord.
- Sapete se a Villecollefegato nevica? - domanda sicuro.
- E dov'è? - ribatte il pilota.
Don Alvaro è allibito da tanta ignoranza. "L'ombelico d'Italia, Villecollefegato!
Non è possibile che dei navigatori italiani non abbiano chiare le coordinate dell'ombelico.”
Il comandante sosta a parlare con lui e lo informa:
- Sono di quelle parti. E’ da un pezzo che a Villecollefegato hanno cambiato il nome.
Adesso si chiama Villerose. -
- Villerose? Parliamo dello stesso posto? - si assicura il boss. - Vi-
cino a Borgocollefegato?
- Hanno cambiato nome anche a quello. -
- Come sarebbe?-
- Borgorose. -
- In Abruzzo, prima della guerra. Adesso è nel Lazio. -
- Il vino lo fanno? -
- Neppure l'aceto. -
- Le salsicce? - domanda il boss con delusione crescente.
- Da Norcia. -
- E san Vincenzo? Lo rispettano? -
- Gli fanno festa. Ma sant'Anatolia va meglio. Tornate al paese?-
- Non oggi, comandante. Ho un lavoro da finire. -
Don Alvaro segue con lo sguardo l'equipaggio che scompare oltre
il vetro della dogana. Si approssima lemme lemme al bancone del bar
e chiede un caffè colombiano, corretto all'italiana: con molta grappa.
Decide. Andrà dove visse il padre, per curarsi l'asma. L'ultima indagi-
ne medica ha evidenziato che il male gli deriva da spore di scarafaggi
panamensi. A Villerose questi insetti fastidiosi non osano apparire: li
ferma la qualità dell'aria, sulla barriera dei settecento metri d'altezza.
Non gradiscono il clima ossigenato e rigido.
Una strana sensazione lo afferra: voglia di piangere. Attraverso il largo
specchio dietro il bancone, incorniciate nelle bottiglie di liquori, nota due figure
accostarlo alle spalle. Hanno il ghigno degli sbirri.”
2.- il sequestro del parroco di Villecollefegato don Ferdinando Cecconi (1862)
Dal volume di Antonio Panei I Briganti della Duchessa, Aracne edit. marzo 2017
Pagg.128-129…….. Marcelli, però, non fu creduto e venne
condannato a 10 anni di lavori forzati perché rico-
nosciuto colpevole di diversi reati, primo tra tutti il
rapimento del facoltoso sacerdote di Villecollefegato,
Ferdinando Cecconi. Il mattino dì 18 settembre 1862
Don Cecconi era ancora alletto quando la sua dome-
stica Vincenza Cerqua le presentava un biglietto col
quale D. Felice Franchi di Poggiovalle lo invitava a re-
carsi colà per assistere una sua cognata moribonda. Di
quel biglietto era stato latore un garzone dello stesso
Franchi, detto ciociaro, padre del brigante Domeni-
co di Cesare, che diceva essergli stato consegnato dal
Signor Vincenzo Franchi nel luogo detto l'Aja. Preso
consiglio in famiglia il Signor Cecconi risolse di an-
dare, accompagnato dal ciociaro. Questi dopo averlo
seguito sino al Fiume gli dicea non poter andare più
innanzi perché teneva i buoi al pascolo, e lo lasciava
avvertendolo che più innanzi avrebbe trovato il figlio
colle bestie cariche di granone. Dopo breve cammi-
no infatti fu da lui incontrato Domenico di Cesare,
ch' era pur diretto per Poggiovalle, e uniti andarono
innanzi. Giunti all' Aja, Cecconi sentì una voce che gli
diceva: «Ferma, brigante». Voltosi indietro riconobbe
il brigante Apolloni che armato di fucile gl'impone-
va di fermarsi. Credendolo solo Cecconi si gettò da
cavallo e corse ad affrontarlo munito di un'arma che
portava a sua difesa: colluttando con lui si avvide che
due altri briganti, Berardino Viola di Taglieto e Car-
mine Marcelli delle Grotti, gli si eran fatti sopra, e
dove' lasciarlo. Allora Apolloni lo ferì in testa con un
colpo di fucile, e poi con le braccia legate fu il mede-
simo condotto in un bosco foltissimo sulla montagna
di Poggiovalle, e lungo la via fu pur percosso. Tutto
questo avveniva verso le 12 ore italiane. Tratto ora in
un punto e ora in un altro fu costretto a scrivere e fir-
mare successivamente sei biglietti coi quali s'invitava
la di lui famiglia a mandar delle somme ai briganti.
Diverse somme, svariati oggetti di oro e di argento e
due orologi furono diverse volte mandati per mezzo
di Giovanni di Giuseppe e Pasquale Pietropaoli; ed è
notevole, che mancando la famiglia assolutamente di
altro denaro che si chiedeva, una di lui sorella si tolse
dalla orecchie i pendenti d'oro per riavere il fratello,
e un di lui nipote che in un portamonete teneva rac-
colte nove piastre le consegnava pure a Pasquale Pie-
tropaolì dicendogli: «Portale ai briganti, e dite loro
che mi facciano ricalare mio zio». Le somme e altre
robe in tal modo estorte da quei malfattori furono
un totale di lire 3.000. Il dì 21 dello stesso mese alle
ore 14 italiane fu Cecconi liberato, ma prima ch' egli
partisse Viola prese il di lui orologio e lo accomiatò
dicendogli: «Andate via abbiate giudizio, e non dite
una parola dell' accaduto».
3.- I Bravi di Ville
IL racconto che segue (il cui fatto risalirebbero al 1650-1700, tramandato oralmente nell’ambito della famiglia Spera di S. Anatolia,è stato raccolto dalla viva voce di Domenico Spera fu Antonio (…+ 1981) da Roberto Tupone
"Qualche secolo fa’ in paese c’era una brutta usanza per la quale, quando due persone si sposavano, venivano da Villerose "i Bravi delle Ville" che per provocare scandalo alzavano la gonna delle spose. Si racconta che questi appartenessero tutti ad una famiglia ma forse non erano altro che una semplice banda di delinquentelli. Era il tempo in cui una ragazza "de quissi degli Spera" si doveva sposare. Qualche giorno prima il padre di questa andò a le Ville dai bravi e disse loro: "Faciatevi i fatti vostri" e li intimò a non venire in paese. Il giorno del matrimonio i bravi de le Ville vennero ugualmente. Senonchè, appena uno di essi si avvicinò alla sposa per alzargli la gonna, il padre di ella uscì dalla casa con un fucile a tromba in mano, lo caricò e con una schioppettata lo stese a terra morto. Gli altri bravi fuggirono. Da quel giorno la brutta usanza dei bravi di Ville sparì.