Relazione dell’inchiesta sull’amministrazione comunale di Borgocollefegato

(1909)

Introduzione del curatore

Nel corso della primavera del 1909, all’indomani delle elezioni politiche generali del 7-14 marzo[1] agitazioni di piazza turbano la comunità di Borgocollefegato. In comizi, talora improvvisati e talvolta preannunciati con pubblici avvisi, i promotori degli stessi (primo nucleo di una presenza socialista), facendo leva su di un latente malcontento della popolazione, lanciavano verso l’amministrazione comunale accuse di grave negligenza e di scarsa oculatezza nella gestione del pubblico denaro con il chiaro intento di giungere allo scioglimento del Consiglio comunale e conseguentemente alla elezione di un nuovo Consiglio.

Nel comizio del 25 aprile le proteste e le accuse sfociarono nella stesura di una specie di cahier de dolèance con la votazione di un ordine del giorno in cui venivano elencati specifici punti di lagnanza nei riguardi dell’Amministrazione. A seguito di ciò il Prefetto dell’Aquila dispose che un funzionario della sottoprefettura di Cittaducale indagasse sull’origine delle agitazioni, sulla gestione dell’amministrazione comunale e sulla fondatezza delle rimostranze contenute nel predetto ordine del giorno.

Fu designato come commissario prefettizio il dott. Francesco Bellei il quale si recò nel comune di Borgocollefegato ove dimorò alcuni giorni (tra giugno e luglio 1909), interrogando, ispezionando e visitando. Redasse quindi una relazione manoscritta che consegnò al suo diretto superiore il sottoprefetto Belleli.[2]

Al di là del disvelo dei giochi di potere e della rivalità tra i maggiorenti locali, la relazione presenta un quadro desolante della gestione amministrativa del Comune nonché delle condizioni di vita disagevole degli amministrati per scarsità o per mancanza assoluta di servizi sociali primari (acqua, fognature, illuminazione, igiene pubblica, viabilità) ai quali il commissario dedica appositi paragrafi della relazione, non mancando di annotare qua e là anche qualche comportamento biasimevole degli abitanti.

Al termine della sua relazione, nella quale sono ricordate via via le raccomandazioni fatte al responsabile dell’amministrazione comunale per l’adozione di specifiche azioni, il commissario prefettizio espone quello che a suo giudizio è il provvedimento più efficace per ottenere “la pacificazione degli animi”. A questo riguardo osserva che “la conoscenza delle persone e dell’ambiente mi induce ad escludere la proposta di scioglimento del Consiglio” che a suo parere sarebbe un provvedimento non idoneo al caso e quindi non risolutivo in quanto il pomo della discordia sta nel “dualismo accentuatosi negli ultimi anni tra il capoluogo e la frazione di Ville per la prevalenza di questa nel Consiglio comunale ove riesce ad avere tre rappresentanti mentre il capoluogo ne ha due” frustando le ambizioni dei residenti del capoluogo che “considera come una vera dannosa diminutio capitis la predominante influenza di Ville”

Le agitazioni di piazza prendendo spunto dal malcontento della popolazione celano in realtà che è in gioco una lotta per il ricambio nella gestione del potere. Come rimedio idoneo ad abbassare le tensioni in atto, il Commissario propone per il successivo turno elettorale una diversa ripartizione dei consiglieri comunali per gruppi di frazioni, scorporando Ville e Poggiovalle dal gruppo del Capoluogo. Pertanto, secondo la proposta, il gruppo del Capoluogo cui spettava la elezione di cinque rappresentanti nel Consiglio comunale viene diviso in due gruppi distinti:

1 - Capoluogo e Collefegato con tre rappresentanti;

2 - Ville e Poggiovalle con due rappresentanti.

La proposta fu attuata in vista della successiva tornata elettorale per la elezione del Consiglio comunale. Giovanni Morelli indicato nella Relazione come il principale promotore delle agitazioni diventerà sindaco di Borgocollefegato

Il manoscritto di cui ho curato la trascrizione in formato digitale è ora depositato, dopo il cambio di provincia, nell’Archivio di Stato di Rieti

R.P.

 

RELAZIONE

 

Sommario[3]

Al Sottoprefetto sulle agitazioni in Borgocollefegato – Ufficio comunale: segreteria, segretario, salariati – Pubblici servizi: viabilità, illuminazione, igiene pubblica, servizio medico, servizio ostetrico, veterinario, cimiteri, istruzione pubblica, scuole, patronato scolastico – Acquedotto del capoluogo – Vertenza con le sorelle Costantini per la costruzione della strada di Collemaggiore.-Spese per la fontana di S. Erasto – Spese per la fontana di Villecollefegato – Strada di Villecollefegato,restauri – Spese per un commissario prefettizio – Spese per la lite con Martorelli Domenico – Spese per la lite col barone Coletti – Spese per la lite con Petricca Silverio – Vendita del bosco San Rocco – Demani comunali – Spedalità romane – Contravvenzioni forestali – Esattore tesoriere – Finanze: bilancio, residui attivi, residui passivi – Piano regolatore - Di alcune Frazioni del Comune: Corvaro e s. Stefano,Torano, Poggiovalle (vertenza con Villle) – Riepilogo e proposte.

 

 

Ill.mo Signor Sottoprefetto

L’agitazione nel comune di Borgocollefegato ebbe, come è noto, la prima manifestazione con la pubblica riunione del 13 aprile u.s. cui fecero seguito, a brevi intervalli, i comizi popolari del 19 e 25 aprile, del 9 e 23 maggio u.s. ai quali ultimi presero parte anche molti frazionisti di Corvaro, S.Stefano e Torano.

L’origine del movimento, che dapprima fu limitato al solo capoluogo, va ricercato essenzialmente nella brama del partito di opposizione all’attuale amministrazione di provocare con le agitazioni di piazza un possibile scioglimento del Consiglio (comunale) per poi tentare nelle elezioni generali di conquistare l’agognato potere.

La mancanza d’acqua verificatasi nel capoluogo a seguito di guasti alla conduttura fu dunque la causa occasionale, il pretesto anzi da tempo atteso che diede agio agli oppositori dell’amministrazione di iniziare con pubbliche manifestazioni la loro campagna ostile, profittando opportunamente del vivo malcontento delle vicine frazioni Corvaro e S.Stefano che si agitano per ottenere la separazione del patrimonio e delle spese, e di Torano che da tempo muove lagnanze per avere l’acqua potabile di cui è quasi del tutto sprovvista.

S’incominciò quindi col reclamare per i guasti all’acquedotto del capoluogo (e con ciò miravasi a colpire anche l’appaltatore Micangeli, amico del sindaco e del partito attualmente al potere) e poi man mano si vennero moltiplicando le accuse contro l’amministrazione cui si fece carico, come si espressero gli oratori dei vari comizi,di essere fiacca, inattiva, di non saper riparare i mali cagionati dalle precedenti amministrazioni, di sperperare il pubblico denaro, di trascurare gli interessi del capoluogo e delle frazioni; ed altre accuse che furono concretate nell’ordine del giorno del 25 aprile u.s. (allegato A) col quale invocavasi dall’autorità superiore l’invio sul posto di un commissario per verificare l’andamento dell’amministrazione.

 

Il principale fautore di tutto questo movimento, quegli che s’interessò sin dal principio di bandire gli avvisi per le pubbliche riunioni e che in esse prese sempre la parola per lanciare le accuse e tener desta la provocata agitazione fu l’operaio Manti Raimondo, capo mastro muratore, di idee socialiste, che da oltre venti anni, abbandonando la natia Romagna s’era domiciliato a Borgocollefegato. Ma egli, cui fanno corona altri pochi agitatori del ceto operaio, e che per l’occasione dei comizi volle farsi coadiuvare, allorché si trattò di arringare il pubblico, dal giovane studente universitario Ortenzi Ettore (figlio del locale Ricevitore del Registro), non è che un semplice portavoce dei maggiorenti del partito d’opposizione i quali non combattono apertamente ma in segreto alimentano l’agitazione pur serbando con gli avversari un contegno esteriormente amichevole.

E’ dunque una guerra sorda, ma non per questo meno viva e tenace,quella che si combatte nel comune di Borgocollefegato , e le riposte intenzioni non sono un mistero per alcuno, sebbene, ripeto, all’apparenza ci sarebbe da credere diversamente tanto sono cordiali i rapporti tra gli antagonisti che pur tendono a demolirsi reciprocamente.

Non si può tuttavia di parlare di partiti nel senso vero della parola: manca qui, come di frequente avviene in molti piccoli comuni, la distinzione netta tra due o più gruppi di diverso colore politico, di differenti vedute e programmi amministrativi con sostanziali divergenze di opinioni e di fede. La lotta si riduce quindi alla solita guerriglia di persone a base più che altre di ripicche, rancori e gelosie personali, per la solita brama del potere che fa ripetere ad ognuno il noto verso del Giusti:”Levati tu che ci vo star io “

Ho detto che i veri promotori del movimento manifestatosi con le ricordate agitazioni di piazza, coi comizi e con gli ordini del giorno sono i maggiorenti del gruppo di opposizione che agiscono dietro le quinte servendosi all’intento dell’operaio Manti,e voglio principalmente alludere all’assessore effettivo sig. Rapetti Lazzaro ed all’avvocato Morelli Giovanni, i quali sono l’anima del movimento.

Il Rapetti, già tesoriere comunale e poi collettore dell’esattore Morelli Antonio nel quinquennio 1898-1902, fu molto combattuto nelle elezioni parziali del 1905 tanto che non riuscì tra i consiglieri del gruppo del capoluogo e dové attendere le elezioni del 1907 per farsi nominare nella frazione di Spedino.

Dopo quella lotta il Rapetti, che ambiva molto di appartenere alla rappresentanza del capoluogo, non perdonò ai suoi accaniti oppositori che sarebbero l’attuale sindaco ed i consiglieri dell’attuale maggioranza. Di qui l’antagonismo ed il livore che se non prorompe in aperte manifestazioni è però tenuto represso nell’animo del Rapetti il quale fa parte della giunta fin dal 1907 come assessore effettivo e mal sopporta che il sindaco, residente a Ville, non abbia a lui, unico assessore effettivo del capoluogo, delegata la firma ed altre attribuzioni sindacali, specie quella di ricevere la corrispondenza giornaliera d’ufficio.

Le mene del Rapetti, uomo di carattere abbastanza risentito e che esercita un certo ascendente in paese per la professione di causidico che esercita in pretura, sono coadiuvate copertamente, come dianzi dicevo, dal Sig.Morelli Giovanni.

Soltanto da qualche anno l’avvocato Morelli si è domiciliato a Borgocollefegato, essendo egli nativo di Nesce (frazione di Pescorocchiano), ma per la sua posizione sociale, per la sua cultura essenzialmente moderna, per la sua giovanile attività che sembra voglia esplicare nel campo industriale, ha preso subito un ascendente morale nel nuovo ambiente il che lo incoraggia ad occuparsi della pubblica amministrazione di cui per ora non fa parte, ma nella quale bramerebbe di entrare per poi occupare, è facile arguirlo, il primo posto se non di nome certo di fatto

Al dire di tutti dunque il deus ex machina delle avvenute agitazioni sarebbe proprio il Morelli, quegli che ambirebbe ad un futuro e che per affrettare gli eventi cercherebbe di dar risalto alla incapacità di cui si accusa l’attuale amministrazione, promovendo per mezzo del Manti, che sarebbe la sua lunga mano, le manifestazioni di malcontento dirette ad abbattere l’amministrazione attuale e a crearne una nuova in cui possano appagarsi le aspirazioni sue e di qualche suo aderente.

     Di fronte a questo nuovo e temibile avversario, che pur professando idee e principi socialisti ha certo innegabili requisiti di cultura e di personale autorità è lecito prevedere l’esito della lotta: o prima o poi il Morelli sarà il padrone della situazione, tanto più se a lui, com’è d’attendersi essendo egli un giovane d’ingegno svegliato e d’animo ben nato, non farà difetto quel senso di moderazione che rifugge dalla reazione e smorza a lungo andare nell’animo degli stessi avversari quei sentimenti di animosità che dopo una lotta permangono fra vincitori e vinti .

   Ma se lo spirito di parte e le ambizioni e i rancori spiegano le attuali agitazioni, non può negarsi che molti addebiti e molte richieste della popolazione siano giustificati,sebbene all’amministrazione in carica non possano farsi risalire tutte le responsabilità dei fatti lamentati.

   Nella mia permanenza nel comune, oltre che occuparmi dell’andamento dell’amministrazione e dei singoli addebiti formulati nel ricordato ordine del giorno di cui qui appresso dirò, ho cercato in pari tempo di sondare gli animi e le riposte intenzioni dei principali agitatori per accertarmi se lo scopo cui essi mirano sia quello dello scioglimento del Consiglio, oppure se sia possibile ottenere con altri espedienti che la calma ritorni negli animi agitati risparmiando al Comune l’eccezionale provvedimento di un Commissariato Regio.

   Prima però di esporre le mie conclusioni sarà più opportuno che partitamente dica dell’andamento dell’amministrazione, delle più importanti questioni che ad essa si riferiscono, dei tanti elementi insomma di cui bisogna tener conto in una questione così complessa e delicata nel tempo stesso.

Con la scorta degli elementi raccolti vengo quindi ad esporre il risultato della inchiesta da me compiuta in ottemperanza all’ordine datomi dall’Ill.mo Signor Prefetto della provincia, avvertendo che con appositi richiami in inchiostro rosso saranno rilevati i punti della relazione che si riferiscono ai capi d’accusa contenuti nell’ordine del giorno votato dal comizio popolare del 25 aprile u.s.

 

 

 

Ufficio comunale

(n.10 dell’o.d.g.)

Segreteria

I locali adibiti ad uso di residenza, per i quali il Comune paga lire 260 annue di fitto,non lasciano nulla a desiderare per decenza e comodità situati come sono nella piazza del paese ed in fabbricato di recente riattato. Manca soltanto una stanza da adibirsi a gabinetto del sindaco, ma a ciò si potrà rimediare allorché si renderanno disponibili, il che avverrà presto, due altri vani adiacenti all’ufficio che attualmente sono tenuti in fitto dall’applicato di segreteria per uso di abitazione.

Nella stanza del segretario, contigua a quella dell’applicato , è posto in apposito scaffale l’archivio corrente, mentre l’archivio di deposito trovasi in altra stanza separata fornita di sufficienti scaffali a muro. Nell’archivio di deposito gli atti e le carte non sono tenuti col dovuto ordine e soltanto il Segretario, per la lunga pratica che possiede, è in grado di poter rintracciare, e spesso non senza fatica, quel che si cerca in mezzo a tanta farragine di carte.

La raccolta ufficiale delle leggi non è nemmeno tenuta nell’ordine cronologico e le rispettive annate non sono rilegate in volumi distinti

Bisogna quindi provvedere, e non sarà lavoro leggero, al riordinamento degli atti ivi depositati.

L’archivio corrente è meglio tenuto di quello di deposito, però anche qui bisogna riconoscere che sebbene esista la distinzione fra affari generali e quelli speciali e le carte siano divise in apposite caselle a seconda della materia, pur tuttavia non sono scrupolosamente osservate le norme vigenti per la tenuta degli archivi né si cura che le corrispondenze siano tutte protocollate con numeri progressivi e vengano poscia fascicolate regolarmente per ordine cronologico.

In proposito diedi minute istruzioni al Segretario il quale mi promise che avrebbe adottato le norme suggeritegli per il regolare andamento dell’archivio.

Dei registri, elenchi ed atti da tenersi a termini dell’art.46 del Regolamento per l’esecuzione della legge comunale trovai in regola:

Il protocollo, i registri delle deliberazioni consiliari e di giunta, il repertorio dei contratti, l’elenco delle strade, l’elenco dei debiti del Comune, il registro a madre e figlia dei ricorsi presentati al Comune, il Libro mastro, i registri dei diritti di segreteria e di stato civile, i verbali di verifica e di passaggio di cassa, il registro degli elenchi e delle liste elettorali, i bilanci, i conti, i ruoli delle tasse comunali (in corso di approvazione il ruolo dissodati, e non ancora compilato quello per tassa cani), l’elenco delle mercuriali periodiche dei cereali, le carte relative alla leva militare, i registri dello stato civile l’elenco degli obbligati a frequentare le scuole ed i verbali delle contravvenzioni e conciliazioni.

Esistono gli inventari dei beni immobili e dei mobili ma debbono essere aggiornati non essendosi più fatte le variazioni dal 1894 in poi.

Così pure deve essere aggiornato l’elenco dei consiglieri con indicazione delle rispettive scadenze e quello degli assessori.

Mancano i registri ed atti di cui ai n. 7,8,9,12,18,32,37 del citato allegato n.4 all’art 46 del Regolamento comunale.

Il registro dei mandati esiste, ma non è a madre e figlia e manca il bollettario a doppia matrice per gli ordini d’incasso. La copia del catasto esistente in ufficio non è completa, il registro di popolazione non fu più aggiornato dal 1901, e così lo schedario per gli atti di nascita impiantato nel 1889 non fu più tenuto al corrente.

La raccolta infine dei Regolamenti comunali e delle relative tariffe non può dirsi al completo perché esistono soltanto, regolarmente approvati:

     il Regolamento impiegati e salariati, quello di polizia urbana e rurale, per le prestazioni d’opera in natura, per i cimiteri, per la tassa cani, per gli usi civici e il regolamento locale d’igiene.

   Sono in corso di approvazione i regolamenti per la tassa di famiglia e per le guardie comunali.

Il Comune dovrà compilare il regolamento per la macellazione e lo spaccio delle carni.

Questo lo stato dell’ufficio comunale che i ricorrenti vorrebbero veder ricollocato (v. n.10 dell’ordine del giorno) nell’antico fabbricato della casa comunale, proposta che non esito a qualificare inattuabile perché il vecchio locale, oltre che trovarsi in condizioni di inabitabilità, sarebbe inadatto per deficienza di ambienti.

Quello che piuttosto deve farsi è la riattazione del detto fabbricato per non tenerlo inutilizzato, ed allora il Comune con una spesa di circa 2000 lire di accomodi potrà fittarlo per ricavare una rendita di oltre cento lire annue, come già venne consigliato all’amministrazione.

 

Il Segretario

Gli impiegati addetti all’ufficio comunale sono il segretario e l’applicato.

   Il segretario sig. Tiberi Augusto, ancora vegeto sebbene tocchi la sessantina, fu nominato il 10 ottobre 1886 e da quell’epoca egli regge l’ufficio con lo stipendio di sole 1100 lire annue.

   Il Tiberi, onesto e lavoratore, non ha mai durante la sua lunga permanenza nel Comune demeritato della stima degli amministratori che si sono succeduti al potere. In questi ultimi anni, un po’ per cresciuto lavoro ed anche perché in lui è venuta naturalmente a scemare quell’energia operosa che è dono dell’età giovanile, l’ufficio non è stato tenuto con quella esattezza che sarebbe desiderabile. Però nonostante le manchevolezze dianzi accennate, è d’uopo dire che il Tiberi si sforza di adempiere diligentemente le sue mansioni per potere fra un paio di anni lasciare onoratamente il servizio e fruire della meritata pensione.

Contro di lui non sono giunte al mio orecchio accuse specifiche, soltanto si lamenta da alcuni che il Tiberi occupi troppo del suo tempo per patrocinare cause presso la locale pretura, circostanza questa che gli impedirebbe di effettuare con la dovuta diligenza le sue mansioni di segretario. Ed in vero il Tiberi si occupa anche di affari legali, ma non si può negare che egli sappia ripartire il suo tempo in guisa da compensare in certo modo quelle ore che sottrae all’orario d’ufficio per occuparsi della patrocinazione di qualche causa davanti la pretura.

D’altra parte bisogna tener presente che il Tiberi,con carico di famiglia, non potrebbe sbarcare il lunario con le 1100 lire che percepisce di stipendio, e l’amministrazione in ventitre anni di servizio non ha mai pensato a concedergli un equo aumento di retribuzione come invece si è fatto per l’applicato di segreteria al quale da 450 lire fu in pochi anni elevato lo stipendio alla misura di lire 900 annue.

   Gli stessi componenti l’amministrazione hanno quindi sempre tollerato che il segretario si procurasse in tal modo qualche provento straordinario riconoscendo così tacitamente l’esiguità dello stipendio a lui corrisposto, e se ora qualche voce si alza in segno di protesta è pur spiegabile sapendosi che l’assessore Rapetti Lazzaro , uno dei capi dell’opposizione, è anch’egli uno dei pochi patrocinanti legali che trovansi in paese e naturalmente non vede di buon occhio la concorrenza che gli viene fatta dal segretario, sebbene in piccola misura, in campo professionale.

 

Applicato

Compagno di lavoro al Tiberi è l’applicato di segreteria sig. Cesare De Cesare, genero del Rapetti,al quale, come ho detto, viene ora corrisposto l’assegno annuo di lire 900.

Il De Cesare è un bravo impiegato e molto diligente lavoratore, e buona parte del lavoro materiale d’ufficio, oltre gli atti dello stato civile, gli affari di leva, passaporti etc. , è da lui disimpegnato con notevole accuratezza.

Nonostante però le buone qualità dei due impiegati suddetti, nell’ufficio di segreteria non regna l’armonia più completa.

Il De Cesare ha coscienza della propria capacità e ciò contribuisce forse a rendere più ostensibile l’innata alterezza del suo carattere e di qui frequenti imbronciature fra lui ed il segretario per motivi sempre relativi al riparto dei lavori d’ufficio.

Sono due temperamenti che anche per la divergenza di età non è facile mettere d’accordo. Io mi sono adoperato perché la buona pace tornasse eliminando la causa di futuri dissidi col far ripartire di comune consenso le varie incombenze dell’ufficio, ma sebbene abbia raggiunto momentaneamente l’intento, dubito molto che il rimedio sia duraturo come sarebbe desiderabile per il miglior andamento dello stesso ufficio.

 

Salariati

Il personale dei salariati si compone:

di due guardie comunali, di un messo, di tre inservienti (a 10 lire annue di salario), di nove custodi dei cimiteri (il cui compenso varia dalle 20 alle 60 lire annue), di sei cantonieri stradali, di un fontaniere con 150 lire annue, di uno spazzino (L. 240), di due custodi carcerari, di quattro regolatori degli orologi nelle frazioni, essendo il capoluogo sfornito di un orologio pubblico.

Tra i salariati sono da comprendersi anche undici guardie campestri il cui corpo, che non corrisponde alle esigenze del servizio, fu sciolto dall’amministrazione comunale dal 1 gennaio 1909 con l’intento di sostituire ad esso due guardie comunali scelte cui verrebbe aumentato il salario a lire 360 annue, mentre le antiche guardie, che percepivano appena lire 40 all’anno prestavano un servizio proporzionato al compenso, ossia del tutto negativo .

Il principio informatore della riforma non può quindi condannarsi, sebbene anche col nuovo ordinamento non è detto che debbano aversi risultati molto soddisfacenti data la grande estensione del territorio che abbraccia 17 frazioni; ma il punto condannabile del nuovo regolamento deliberato dal Consiglio comunale nella tornata del 23 maggio u.s. sta nell’obbligo fatto alle due guardie di risiedere nel capoluogo.

Ed infatti la Giunta provinciale amministrativa su conforme parere di questo ufficio, nella seduta del 5 agosto u.s. respinse il regolamento opinando che una delle guardie avrebbe dovuto risiedere a Corvaro, frazione più grande del capoluogo, il cui territorio è ricco di zone boschive alla tutela delle quali, come giustamente reclamano gli abitanti, bisognerebbe esercitare una continua vigilanza.

 

 

Pubblici servizi

Nel capoluogo e ancor più nelle, frazioni di cui si compone il comune di Borgocollefegato i pubblici servizi lasciano purtroppo a desiderare.

 

Viabilità

Le strade comunali obbligatorie sono tutte in uno stato di deperimento sconfortante. Per rimediarvi occorrerà una spesa che supererà le diecimila lire, ossia una somma che il Comune non può erogare data la scarsa sua potenzialità economica. Occorrerà quindi far eseguire una perizia dei lavori necessari e poi chiedere un sussidio allo Stato come già venne in linea di massima deliberato dal Consiglio fin dal 24 giugno 1908.

Le strade interne, parlo del capoluogo, sono male tenute e se da una parte l’incuria degli abitanti per la nettezza contribuisce a renderle in permanenza sudice, dall’altra l’inerzia dell’amministrazione fa sì che anche le vie principali siano in uno stato che basta un po’ di pioggia per renderle addirittura impraticabili.

Non esistono fognature, le immondizie si accumulano impunemente. Dovunque gli abitanti, abituati ormai allo spettacolo di un sudiciume cronico non hanno alcun ritegno di aumentare il lezzo che si sprigiona da tante parti, facendo piovere dagli usci e dalle finestre ogni sorta di rifiuti immondi.

   L’unico spazzino che il Comune mantiene (con assegno di L. 240 annue ed il letame a suo favore) potrebbe forse bastare a rendere meno vergognoso un tale stato di cose se adempisse scrupolosamente al suo dovere e se l’amministrazione facesse rigorosamente rispettare il regolamento di polizia urbana. Invece l’incaricato attuale se la prende molto comodamente e gli amministratori forse pensando che poco pagano la sua spesa, poco o nulla pretendono.

   Gli abitanti poi, che per la pulizia e per l’igiene non hanno soverchio rispetto, mostrano in tutti i modi che se ne infischiano dell’autorità municipale e dei regolamenti locali tanto che dovei con sorpresa constatare come in una via del paese, senza alcun ordine preventivo, alcuni contadini avevano tracciato un solco profondo per farvi scorrere l’acqua derivante da un vicino fosso onde irrigare i loro prati. E notisi che detta acqua attraversava tutto il piazzale del mercato pel quale erasi prolungato il solco con danno e deturpamento del pubblico piazzale.

Diedi quindi ordine che la strada ed il piazzale fossero ridotti in pristino, ma temo che saremo presto a capo se l’amministrazione non avrà cura di vigilare e di punire in modo esemplare i contravventori.

 

Illuminazione

Se nelle strade si cammina male di giorno, di notte il farlo diventa un problema assai difficile tanta è

scarsa ed insufficiente l’illuminazione.I lampioni sparsi nel paese dovrebbero essere 15, ma in realtà non si raggiunge nemmeno tale scarsissimo numero e le tenebre regnano abitualmente sovrane per buona parte dell’abitato.

In bilancio sono stanziate lire 400 per l’illuminazione e su tale base si dovrebbe appaltare il servizio per un triennio ( come dal capitolato 21 IX 1903, debitamente approvato), ma l’amministrazione non ha seguito la via dell’appalto per mezzo delle aste ed ha affidato l’incarico a certo Simone Orazio di disimpegnare il servizio in base al capitolato, ossia col compenso di lire 400 annue e con l’obbligo di far ardere i lampioni per la durata di cinque ore, dal 1° ottobre al 30 aprile, e per due ore negli altri mesi, eccezion fatta per le serate in cui splende la luna.

   Il fatto è che l’incaricato Simone non adempie affatto alla sua incombenza e agli abitanti non resta che accendere moccoli per proprio conto (e parlo senza metafore) se vogliono uscir di casa nelle prime ore della notte senza pericolo di rompersi l’osso frontale al primo svolto di strada.

   Le unanimi lagnanze per questo vergognoso stato di cose sono giustissime e l’amministrazione comunale dovrà seriamente provvedere a far funzionare in modo possibile il servizio della pubblica illuminazione che attualmente si risolve in un danno per tutti ed in un indebito guadagno per l’appaltatore del servizio.

   Si noti poi che il paese è attraversato in tutta la sua maggiore lunghezza dalla strada provinciale Rieti – Avezzano e dato il traffico di vetture di ogni specie che anche nelle ore di notte transitano per quel percorso, si rende assolutamente necessaria l’illuminazione entro l’abitato per evitare possibili infortuni ed inconvenienti di ogni sorta.

Inutile aggiungere che nelle frazioni l’illuminazione non esiste affatto , il servizio appaltato riguarda solo il capoluogo.

 

Igiene pubblica

Il capoluogo ha migliorato le sue condizioni igieniche a seguito della conduttura dell’acqua potabile da pochi anni compiuta, ma come si è detto molto ancora rimane da fare. Non esistono affatto fognature, eppure bisognerà che l’amministrazione studi il modo di costruirne almeno nelle vie principali dove per la speciale conformazione topografica del paese si riversano tutti gli scoli delle acque piovane ed i rifiuti delle abitazioni. Così pure bisognerebbe provvedere alla costruzione di qualche latrina pubblica tanto più necessarie in quanto moltissime sono le abitazioni sprovviste di cessi.

Altri inconvenienti , che bisognerà eliminare, si verificano per la mancanza di un pubblico mattatoio. Attualmente nella pubblica piazza si macellano maiali, pecore e capretti e, quasi ciò non bastasse, si espongono le pelli ad asciugare appese alle porte dei negozi.

   Si ha quindi in permanenza uno spettacolo poco edificante che nella stagione estiva diventa addirittura insopportabile pel fetore che ammorba l’aria, a non dir poi del pernicioso fomite di infezione mantenuto da un tale stato di cose che non so comprendere come venga tollerato dall’autorità sanitaria e da quella municipale.

 

Servizio medico

Le lagnanze della popolazione si sono accentuate da qualche tempo anche per il servizio medico che attualmente è veramente deficiente pel fatto che uno solo è il medico che presta servizio nel Comune e non può quindi bastare la sua opera pel capoluogo e per le numerose frazioni quasi tutte distanti dal centrale.

   Il dott. Montesani Luigi, titolare della condotta della 1° zona, giovane, valente e attivo cerca di moltiplicarsi per soddisfare le numerose chiamate, ma è umanamente impossibile che possa da solo sopperire all’effettivo bisogno, onde è necessario sollecitare le pratiche per la nomina degli altri due medici.

   Il servizio medico a Borgo è diviso in tre zone di cui la terza consorziale con Pescorocchiano.Con la morte del dott. Cicerone, titolare della terza zona, e per la rinuncia del dott. Gentile Felice, titolare della seconda condotta, il Comune è rimasto, come si è detto, con un solo sanitario.

   Le pratiche per l’apertura dei concorsi hanno poi subito ritardo perché l’amministrazione ha stabilito di sciogliersi dal consorzio con Pescorocchiano, istituendo la terza condotta autonoma e di modificare il capitolato con l’aumento dello stipendio al titolare della seconda condotta.

   Perché l’amministrazione possa provvedere mediante concorso alle nomine dei medici per la seconda e terza condotta (il cui stipendio è stato parificato a quello della prima condotta in lire 2500 annue) si attende l’approvazione dello scioglimento del consorzio già deliberato dalla rappresentanza dei due Comuni con atto 24 luglio u.s.

   Sarebbe quindi molto opportuno che la pratica fosse al più presto definita perché, ripeto, il servizio affidato ad un solo sanitario non può assolutamente soddisfare le esigenze della popolazione che giustamente è molto scontenta per questo stato di cose.

 

Servizio ostetrico

Il servizio ostetrico è pure insufficiente e la ragione si comprende subito ove si pensi che in tutto il Comune, con una popolazione di quasi 7000 abitanti, vi è una sola levatrice autorizzata, nemmeno patentata, una certa Angelini Adelaide, alla quale il Comune corrisponde il lauto stipendio di lire 80 annue!

Sarebbe quindi tempo che l’amministrazione pensasse a sistemare il servizio ostetrico istituendo almeno due condotte elevando lo stipendio ad una misura congrua, come ormai stanno facendo tutti i Comuni a seguito delle insistenze degli Uffici superiori.

 

Veterinario

La condotta veterinaria che abbraccia una vastissima zona, è consorziale con Pescorocchiano e procede discretamente bene mercé l’attività dell’attuale titolare dott. De Masi. Il Comune però non ha ancora provveduto alla revisione del capitolato, giusta la circolare prefettizia 19 settembre 1907 Div.III. Bisognerà quindi che la rappresentanza consorziale si occupi dell’argomento, come a voce raccomandai al sindaco.

 

Cimiteri

Oltre il Cimitero del capoluogo, che visitai, ve ne sono altri otto sparsi nelle varie frazioni. Quello del centrale, recinto da un muro di recente costruzione, ha bisogno di una migliore manutenzione ed occorre inoltre provvedere alla costruzione della strada d’accesso pel breve tratto che dalla strada di Ville conduce alla cancellata d’ingresso. La spesa sarà piccola e l’amministrazione dovrà subito espropriare la piccola zona di terreno occorrente per congiungere il camposanto alla sottostante strada.

   Negli altri cimiteri, che non potei visitare, ho ragione di ritenere che la manutenzione lasci pure a desiderare. In quello di Castelmenardo ( in comune con la frazione di Pagliara) bisognerà fare dei lavori di drenaggio per impedire che le acque piovane si radunino nel recinto producendo continui infiltramenti tanto da ridurre il suolo in un vero acquitrino.

   Tutti i cimiteri poi sono sforniti di ossario ed anche a ciò bisognerà provvedere e con speciale sollecitudine pel cimitero di Castelmenardo dove urge procedere alla esumazione ordinaria essendo ormai stato utilizzato tutto lo spazio disponibile per le tumulazioni.

   L’amministrazione dovrà quindi accingersi alla esecuzione di queste opere tanto necessarie e che rispondono ai più elementari bisogni dell’igiene oltre che della moralità, giovandosi delle provvide disposizioni di legge emanate per favorire la esecuzione di opere di risanamento dei Comuni.

   Nel dare esecuzione a detti lavori sarà pure il caso di studiare se non sia necessario costruire un nuovo cimitero per la frazione Pagliara che attualmente si serve, come si è detto, di quello di Castelmenardo che trovasi in condizioni impossibili.

   Avverto infine che i custodi dei vari cimiteri non sono forniti del registro di cui all’art. 50 del Regolamento di polizia mortuaria 25 luglio 1892 e che anche a ciò dovrà provvedersi dall’amministrazione comunale.

 

Istruzione pubblica                            

Il comune ha tredici scuole obbligatorie tra classificate e non classificate e due scuole facoltative.

Durante la mia permanenza in Borgocollefegato, profittando anche della presenza dell’Ispettore scolastico, volli visitare le scuole del capoluogo e quelle delle frazioni di Torano, Ville e Corvaro e mi informai dallo stesso Ispettore delle condizioni delle scuole delle altre frazioni.

D’accordo con lui si convenne che occorre:

     - ripulire e rimbiancare tutte le aule scolastiche e fornirle delle suppellettili necessarie;

       -provvedere un locale più igienico e più aereggiato per la scuola maschile di S. Anatolia

  • ridurre meno disagevole e pericoloso l’accesso alla scuola di Corvaro,rendendo meno ripida l’attuale scala di legno esistente;
  • provvedere altri locali per le scuole di S.Stefano e per quelle di
  • studiare se nelle frazioni di Poggiovalle, Grotti e Pagliara sia il caso d’invocare le disposizioni dell’articolo 64, (1°o 2°capoverso) della legge 15 luglio 1906 n. 383 nel qual caso le scuole verrebbero ad essere classificate di 3° rurale col concorso dello Stato. Il Comune in tal caso continuerebbe a pagare L. 500 per ciascun insegnante, come attualmente, ed il Governo contribuirebbe per la rimanente somma onde completare la misura dello stipendio in L. 900. Al deliberato del Consiglio bisognerà unire l’elenco degli obbligati (dai 6 ai 12 anni) non superiore al n. di cinquanta;
  • vedere se sia il caso di deliberare lo sdoppiamento della scuola mista di Ville in base alle disposizioni dell’articolo 60 della citata legge;
  • far deliberare che le due scuole di S. Anatolia divengano miste, affidando la prima classe al maestro sig. Tupone, la seconda e la terza alla maestra Scafati, e ciò non soltanto per motivi didattici, ma anche per il ripristinamento dello stato giuridico della stessa maestra Scafati Maria (in tal senso il Consiglio deliberò il 13 luglio u.s.);
  • far deliberare la richiesta di un sussidio per l’arredamento delle scuole: superiore maschile nel capoluogo e mista, per sdoppiamento,in Corvaro, comprendendo nella istanza anche il sussidio per duecento banchi, avendo il Ministero già concesso un sussidio di L. 500 per le altre scuole;
  • curare la istituzione di scuole di Stato in Collefegato e Collorso, ai sensi dell’articolo 64 della legge 15 luglio 1906;
  • far deliberare la costruzione di un edificio scolastico modello nel capoluogo essendo disadatti e per nulla rispondenti alle esigenze igienico- didattiche gli attuali locali adibiti ad uso scuole.

     Ebbi inoltre a rilevare che la Commissione di vigilanza scolastica non cura sufficientemente il rispetto alla legge della leva scolastica risultando che la frequenza degli obbligati nei mesi di aprile, maggio e giugno diventa scarsissima con danno evidente dei buoni risultati dell’insegnamento. Basti dire che nelle scuole di Corvaro il numero degli obbligati è di 114 e negli ultimi mesi dell’anno scolastico si riduce a meno della metà il numero degli alunni che frequentano le lezioni.

Ad ovviare a questo e a molti altri inconvenienti facili a verificarsi in un Comune suddiviso in 17 frazioni, sarebbe opportuno espediente quello della istituzione di una Direzione didattica consorziale con i limitrofi comuni di Fiamignano e Pescorocchiano. Con tale istituzione i Comuni consorziati verrebbero ad ottenere un miglior funzionamento delle scuole ed anche un risparmio nella spesa, non certo indifferente, che attualmente sostengono per gli esami di compimento, potendosi far obbligo al direttore didattico di assistere ai detti esami di compimento.

La proposta, a mio avviso, merita di essere consigliata al Comune, come già feci a voce, dal momento che lo Stato concorrerebbe alla metà della spesa e quindi anche assegnando lo stipendio annuo di lire 1800 al nominando direttore didattico. I Comuni consorziati spenderebbero una somma inferiore a quella che normalmente sostengono, come già detto, per gli esami di compimento, e ne ritrarrebbero un indiscutibile vantaggio pel buon andamento dell’istruzione.

Prima di chiudere la trattazione dell’argomento scolastico mi occorre far cenno alla vertenza del Comune con la maestra Argentino Francesca della quale dovei occuparmi personalmente come ora dirò.

Il Consiglio comunale con deliberazione 15 aprile u.s. stabilì il licenziamento della maestra predetta, insegnante nella scuola mista di Pagliara per inettitudine didattica e per avanzata età.

Precedentemente il sig. Provveditore scolastico,con lettera n. 738 del 27 febbraio 1909 aveva avvertito il Comune che in base ai rapporti dell’Ispettore scolastico, la maestra Argentino aveva, durante il triennio di prova, mostrato infima capacità e scarsa diligenza, per cui dava parere contrario al conseguimento della stabilità.

La comunicazione del Sig. Provveditore venne fatta in conformità delle disposizioni contenute nell’art.159 del Regolamento generale vigente ed agli effetti di cui all’art. 10 del testo unico 21 ottobre 1903 n. 431. Il comune quindi avrebbe dovuto notificare giudizialmente alla insegnante Argentino, non più tardi del 14 aprile, il suo licenziamento. Sta di fatto però che nel termine utile l’amministrazione non procede alla detta notifica avendo presa la deliberazione di licenziamento soltanto il 15 aprile, motivo per cui il Consiglio provinciale scolastico, nell’adunanza del 17 giugno u.s. non poté approvare l’atto consiliare.

La maestra Argentino intanto che vedeva disertata la scuola dagli alunni per la sua inettitudine sospese le lezioni e l’amministrazione comunale non avendo in tempo provveduto al licenziamento fu tenuta al pagamento dell’intero stipendio di lire 500 per l’annata scolastica 1908-09, sebbene in effetti la maestra non avesse fatto scuola che per pochissimi giorni.

Ma il guaio maggiore era quello di dover mantenere in servizio la maestra, che nel frattempo aveva acquistato la stabilità,fino a tanto che non fosse espletato il procedimento di licenziamento per inettitudine ai sensi dell’art. 11 del testo unico 21 ottobre 903 e 162 del regolamento 6 febbraio 1908 n, 150.

Ad evitare lungaggini e noie al Comune persuasi, dopo molte insistenze, la maestra a presentare le sue dimissioni che infatti furono accettate dal Consiglio nella seduta del 13 luglio u. s. e le feci pagare i mensili di stipendio dovutile anche per i mesi in cui la scuola era rimasta chiusa

 

Patronato scolastico

 

Il patronato scolastico fu istituito nel principio dell’anno 1898 a seguito della circolare Gianturco dell’aprile 1897 n. 30 e si hanno tracce del suo funzionamento soltanto fino al 1903. Le mie indagini al riguardo dovettero però subire un forzato arresto perché disgraziatamente l’intero fascicolo, di cui il sindaco e il segretario mi assicurarono l’esistenza e contenente tutte le carte e documenti relativi alle passate gestioni del Patronato, non si potette rinvenire nell’archivio del Comune malgrado le lunghe ricerche fattene.

Gli atti esistenti riguardano l’attuale patronato ricostituito nel febbraio 1909 per lodevole iniziativa della Commissione di vigilanza scolastica, come si rileva dall’annesso verbale (allegato B) dal quale risulta la distribuzione delle varie cariche.

Il Patronato così ricostituito cominciò funzionare in effetti il 23 febbraio 1909 (tale data porta infatti la prima adunanza riportata nel registro delle deliberazioni) e fa piacere il constatare come in breve abbia dato buona prova della sua attività.

Fu infatti subito approntato uno schema di statuto ed in breve si tenne l’adesione di molti soci che vennero divisi nelle categorie di fondatori (sono 87), benemeriti (8), ed annuali (85).

A tutto maggio u.s. il nuovo Patronato aveva riscosse 192,50 lire di rate sociali e doveva ancora riscuoterne per lire 72,50 che unite alle 200 lire di sussidio governativo elargite negli anni 1907 e 1908 danno un attivo di lire 465 al quale bisognerà aggiungere il sussidio di lire 92,50 per l’annata 1909 promesso dal Ministero.

Tutte le somme, man mano che si riscuotono, vengono depositate alla Cassa di risparmio postale mediante libretto dal quale vengono all’occasione prelevati i fondi per le provviste di carta, libri etc. ai fanciulli poveri.

La risorta istituzione, mercé l’attività e l’interessamento di cui dà sicuro affidamento il nuovo Presidente avv. Morelli Giovanni, darà certo benefici risultati a pro dell’infanzia bisognosa e giova sperare che all’aiuto del Governo venga ad unirsi il benefico contributo della Provincia e dello stesso Comune per porre così in grado la provvida istituzione di raggiungere sempre meglio i filantropici scopi che si propone.

   Questo lo stato presente del Patronato che fa maggiormente risaltare la trascuraggine e l’abbandono del passato nel quale bisognerà pur gettare uno sguardo, non soltanto per accertare possibili irregolarità e responsabilità, ma benanco per trarne un qualche vantaggio a beneficio delle finanze del risorto istituto.

   Come già dissi, nel Comune non mi riuscì di trovare gli atti riguardanti le gestioni del Patronato, volli dunque tentare altre vie per assodare se e quali sussidi fossero stati nelle occorse annate elargiti dal Governo o da altri Enti ed all’uopo mi rivolsi al locale Ricevitore del Registro e alla Delegazione del Tesoro di Aquila, ma senza alcun esito. Egual sorte ebbero le mie ricerche all’ex tesoriere del quinquennio 1893 – 97 Sig. Lazzaro Rapetti il quale non seppe fornirmi né documenti né schiarimenti al riguardo, sebbene egli anche nel precedente quinquennio 1908 – 1902, nella qualità di collettore dell’esattore Sig. Morelli Antonio, fosse stato incaricato delle funzioni di tesoriere del Patronato.

     In una lettera del 12 marzo 1909 n. 264 dell’ispettore scolastico di Aquila Sig. Merolla, diretta al presidente del Patronato, si legge n. 264:” Io ho fatto elargire finora due sussidi di lire 100 ciascuno. Negli anni precedenti, quando il patronato non dava segni di vita, non furono concessi sussidi. La Provincia non dà aiuti. In avvenire le elargizioni governative saranno commisurate ai reali bisogni di coteste scuole”.

     Per mancanza assoluta di altri documenti non potei quindi approfondire le mie indagini sulle passate gestioni del Patronato, ma da una lettera in seguito pervenutami dal sindaco ho appreso che si è finalmente rinvenuto l’incartamento tanto cercato e che non voglio supporre sia stato ad arte nascosto proprio nei giorni in cui io mi interessavo alla faccenda.

   Dal prospetto delle entrate e delle spese per gli anni 1897 al 1903, compilato dal sindaco (allegato C) risulterebbe un fondo di cassa di lire 297,64 che dovrà andare a beneficio del risorto Patronato, giusta l’ordine già impartito al sindaco. Ad ogni modo per acquietare i dubbiosi sospetti di qualche ricorrente non sarà male che i conti delle passate gestioni del Patronato siano più esattamente riveduti con la scorta dei documenti venuti fuori dopo la mia partenza dal Comune .

 

 

Acquedotto del capoluogo

(n. 13 dell’o.d.g)

 

La costruzione dell’acquedotto ed il suo difettoso funzionamento ha fornito, come sopra si disse, la causa occasionale per le agitazioni ed i comizi popolari di protesta contro l’amministrazione comunale e contro l’appaltatore dei lavori Sig. Micangeli Elia.

   Il progetto dell’acquedotto fu compilato dall’ing. Inverardi nell’anno 1898 con un preventivo di spesa in lire 60 mila, ed il contratto dì appalto al Micangeli venne stipulato l’8 settembre 1903 in base al ribasso d’asta che risultò pattuito in ragione di lire 25,925 per cento. Per far fonte alla spesa si contrattò un prestito di lire 50.000 con la Cassa depositi e prestiti che venne autorizzato con R.D. 29 marzo 1903.

I lavori furono assegnati il 24 settembre 1903 e avrebbero dovuto ultimarsi il 21 luglio 1904, ma su domanda dell’appaltatore furono dall’amministrazione comunale concesse due proroghe per cui l’ultimazione dei lavori fu legalmente rinviata al 30 0ttobre 1904. Ma per detta epoca tutti i lavori non furono compiuti e l’ultimazione di essi non fu accertata con formale atto, come rilevasi dalla relazione di collaudo dell’ing. Antonucci e da notizie potute avere in proposito in mancanza di documenti relativi alla pratica i quali, come appresso dirò, erano stati consegnati all’ing. Ciarletta incaricato dal sig. Prefetto, dietro richiesta dell’amministrazione comunale di esaminare il progetto, gli atti di collaudo e le pretese dell’appaltatore per riferire circa la fondatezza delle lagnanze della popolazione pel funzionamento della conduttura.

   Le questioni tecniche e contabili tra il Comune e l’appaltatore Micangeli, inerenti alla costruzione dell’acquedotto, sono state ampiamente trattate dell’ingegnere collaudatore sig.Antonucci ed io non ho potuto interessarmi, come avrei voluto, per un bonario accordo tra l’amministrazione e l’appaltatore sulle varie questioni pendenti perché per farlo avrei avuto bisogno della relazione dell’ing. Ciarletta che invano sollecitai ed attesi nei giorni di mia permanenza a Borgocollefegato.

   Ritengo quindi inutile soffermarmi ad accennare i punti controversi trattandosi di materia che sarà competentemente esposta e vagliata dall’ing. Ciarletta il quale nella sua relazione saprà certamente illuminare l’amministrazione comunale sui reali difetti riscontrati nell’opera eseguita dal Micangeli, sulle eventuali sue responsabilità, sulla convenienza o meno di accondiscendere alle di lui richieste di maggiori compensi e sull’attendibilità delle varie riserve fatte dall’impresa.

   A me quindi basterà ricordare, per chiarire l’ultimo argomento elencato nell’ordine del giorno votato dal comizio ,che le prime lagnanze per la mancanza e per l’intorbidamento dell’acqua della conduttura risalgono al novembre 1904, epoca in cui l’appaltatore, sebbene non avesse eseguita la consegna del lavoro, aprì al pubblico servizio l’uso delle fontane.

   L’8 novembre di detto anno si verificò infatti la prima ostruzione della conduttura, il 20 agosto 1908 si ripeté il fatto della mancanza dell’acqua e così pure nell’aprile scorso,dando occasione alle proteste popolari a seguito delle quali il 24 aprile u.s. l’ing. Ciarletta si recò sul posto per le necessarie verifiche e proposte del caso.

   Le spese “ inutili fatte e da fare” per la conduttura, cui si fa cenno nell’ultimo capo dell’ordine del giorno, sono appunto quelle sostenute dall’amministrazione per i restauri all’acquedotto nelle suesposte occasioni e di esse, non senza ragione, si chiede dai reclamanti a chi spetti la responsabilità.

   Per i guasti verificatisi nel dicembre 1904 il Comune ebbe a sostenere una spesa di lire 581,95 in lavori di restauro. Nell’agosto 1908 l’ing. Inverardi, chiamato a verificare le cause dell’avvenuta mancanza d’acqua si trattenne sul posto dal 21 agosto ai 1° settembre liquidandosi lire 793,20 di indennità (nelle quali sono comprese lire 148,40 per un suo figlio che l’accompagnava come collaboratore, la quale spesa l’amministrazione comunale non intende riconoscere all’ingegnere che non ancora è stato per intero pagato del suo avere) ed il Comune in quella occasione dové sborsare altre L.276,90 per lavori di escavazione onde rintracciare le cause dell’ostruzione della conduttura.

     Altre lire 200 infine furono date all’ingegnere Ciarletta in acconto di compensi da liquidare per la visita eseguita nell’aprile scorso, in modo che l’amministrazione ha dovuto erogare una somma che si avvicina alle duemila lire, al solo scopo di rimediare ad inconvenienti verificatesi nel funzionamento della conduttura.  

Di queste somme deve farsi carico all’appaltatore? A questa domanda che i reclamanti hanno rivolto all’amministrazione nel comizio su ricordato, darà una risposta l’ing. Ciarletta il quale dovrà pure riferire sulle richieste di maggiori compensi e sulle riserve fatte dall’appaltatore in sede di collaudo.

Il Micangeli a sua volta seccato delle lungaggini e delle complicazioni sorte a seguito del mal contento popolare, sollecita lo svincolo della cauzione ed il pagamento a saldo del lavoro, compresi i maggiori compensi liquidatigli dal collaudatore ing. Antonucci, in modo che non è infondata l’ipotesi di una vertenza giudiziaria se le conclusioni della relazione Ciarletta non incontreranno il gradimento dell’amministrazione e dell’appaltatore, assicurando così un desiderabile bonario accordo sulle varie questioni inerenti ai lavori dell’acquedotto.

Eliminate così le divergenze d’indole tecnica ed amministrativa, eseguiti sull’acquedotto i lavori riconosciuti necessari per assicurarne il normale funzionamento, l’amministrazione dovrà aver cura di assumere un fontaniere pratico e con apposito regolamento dovrà disciplinare, come ha consigliato l’ing. collaudatore, non solo le attribuzioni del detto fontaniere per ciò che riguarda la sorveglianza lungo la conduttura ed il servizio della dispensa dell’acqua per mezzo delle fontane, ma anche l’uso della galleria sotterranea, entro cui corre una parte della tubatura, da parte dei mugnai di S.Stefano in quanto esso (uso) non deve riuscire di danno alla buona conservazione della condotta.

 

 

Vertenza con le sorelle Costantini per la costruzione

della strada di Collemaggiore

(n. 2 dell’o.d.g.)

 

Nel n° 2 dell’ordine del giorno si accenna alla responsabilità delle spese sostenute per la lite con le Sig.re Costantini proprietare di un terreno espropriato in occasione della costruzione della strada di Collemaggiore. Pur desiderando di essere breve mi è necessario riandare allo svolgimento della vertenza.

   Fin dall’anno 1880 venne redatto dall’ing. Gelli Edoardo il progetto della strada comunale che dalla provinciale porta a Collemaggiore e a Castelmenardo , ed in base a tale progetto l’amministrazione comunale il 21 febbraio 1885 stipulò con l’appaltatore Cesidio Micangeli il contratto di appalto per la costruzione del tronco anzidetto e di altre sei strade comunali, senza che, a quanto sembra, preventivamente la stessa amministrazione avesse curato di espletare le occorrenti pratiche per le espropriazioni dei terreni sui quali dovevano passare i tracciati stradali.

   Nel corso dei lavori non sorsero mai contestazioni coi proprietari delle zone occupate e soltanto nel 1900, quando si pose mano alla costruzione dell’ultimo tronco che dalla provinciale conduce a Collemaggiore, sorse opposizione da parte delle signore Concetta ed Enrica Costantini per l’occupazione, che ritennero abusiva, di un loro terreno sul quale doveva passare la strada in costruzione.

   Esse iniziarono subito un giudizio contro il Comune per l’occupazione arbitraria e danneggiamento prima davanti al pretore che accogliendo la tesi del Comune si dichiarò incompetente e poscia in tribunale che annullò la decisione del primo giudice riconoscendo la competenza del pretore e ponendo le spese dei due giudizi a carico del Comune e dell’appaltatore Micangeli.

   Nell’archivio del Comune non trovai gli atti della causa che, a quanto mi si disse, furono in quel tempo rimessi in Aquila all’avv. Mariani, ora defunto, con l’incarico di studiarli per un eventuale ricorso in appello e non più restituiti.

   Il fatto è che le spese giudiziarie, ammontanti a lire 856 furono effettivamente pagate per una metà dall’appaltatore Micangeli e per l’altra metà dal Comune con mandato del 28 luglio 1905 per lire 428 intestato al sig. Baliva Fabio, in quell’epoca amministratore delle signore Costantini. In seguito il Comune si è messo d’accordo con le sorelle Costantini le quali si accontenteranno di essere pagate del costo, a base di perizia, del terreno occupato e l’amministratore delle medesime ing.Zuccalà è disposto a firmare il verbale d’accettazione dell’esproprio come potei rilevare dalla corrispondenza interceduta fra lui ed il Comune e come mi assicurò lo stesso sindaco.

Per la opposizione delle Costantini si doverono dunque sospendere i lavori di costruzione della strada di Collemaggiore la quale rimase così eseguita per due terzi del suo percorso rimanendo ancora da completare l’ultimo tratto.

Ma se la vertenza con le Costantini può dirsi ormai appianata un’altra più grave ne è sorta in conseguenza della prima con gli eredi dell’appaltatore Cesidio Micangeli i quali con citazione al Comune del 27 febbraio 1909 chiedono fra l’altro: “la risoluzione del contratto d’appalto 21 febbraio 1885 per la parte non eseguita; la condanna al pagamento di lire 3566 residuo dei lavori eseguiti; la condanna al pagamento di lire 6370, importo complessivo dei danni e spese dipendenti dal giudizio con le signore Costantini, ed alle spese del giudizio oltre l’onorario d’avvocato.

   All’intento di evitare l’ulteriore corso di questa lite che, qualunque possa essere l’esito, rappresenta certo un nuovo pericolo di dannoso dispendio per l’erario comunale, cercai di persuadere gli eredi dell’appaltatore Micangeli a discutere insieme col Sindaco ed alla Giunta la possibilità di un bonario componimento e così, dopo molte recriminazioni da parte dei Micangeli, si venne alla conclusione di far tenere all’avvocato del Comune sig. Selli Serafino tutti gli atti riguardanti la vertenza perché il medesimo possa tracciare le linee di un equo componimento in ordine alle pretese dei Micangeli. Ed è proprio da augurarsi che sulla via degli accordi si mantenga il Comune per non correre l’alea di un giudizio che non si presenta certo sotto lieti auspici ed anche perché con gli stessi Micangeli sarebbe possibile intendersi per sollecitare l’ultimazione della strada rimasta incompiuta mentre se ne reclama l’attivazione da parte dei frazionisti di Collemaggiore.

   Tornando all’origine della lite con le sorelle Costantini che, come dissi, diede lo spunto all’altro ben più grave giudizio con gli eredi dell’appaltatore Micangeli, appare evidente che la causa delle insorte controversie fu l’errore commesso dall’amministrazione comunale di appaltare cioè i lavori di costruzione delle strade comunali senza avere, prima di fare la consegna all’appaltatore, provveduto in alcun modo alle espropriazioni delle zone da occuparsi o mediante bonari accordi coi proprietari o con la procedura di espropriazione di pubblica utilità.            

Fu anzi di gran ventura che di tante ditte espropriate soltanto le Costantini si opposero all’arbitraria occupazione dei loro fondi, perché in caso diverso chi sa quante noie e quante spese giudiziarie avrebbe dovuto sopportare il povero Comune.

   Il contratto d’appalto col Micangeli del 21 febbraio 1885 (allegato D) fu stipulato con l’intervento degli assessori del tempo Francesco De Sanctis, Cesidio Luciani, e Francesco Franchi e del sindaco ff. Alessio Franchi, tutti ormai defunti ad eccezione del Franchi Francesco.

   L’atto di consegna dei lavori all’appaltatore fu invece eseguito il 25 aprile 1900 con l’intervento dell’appaltatore Cesidio Micangeli, del sindaco Antonio De Sanctis, del direttore dei lavori sig. Livio Spalloni e del sorvegliante stradale Allegretti Odorisio. Non mi fu dato riscontrare il progetto dell’ing.Gelli né gli atti d’asta tenutasi nel 1884 per l’appalto dei lavori stradali di cui sopra e dovrà ora l’amministrazione comunale riesumare gli atti ed accertare come mai sia stato possibile di appaltare i lavori di costruzione delle strade e farne la consegna al Micangeli senza prima espletare gli atti procedurali prescritti dalla legge 25 giugno 1865 n. 2359 sulle espropriazioni per causa di pubblica utilità.

     A mio avviso l’appaltatore Micangeli condannato al pagamento della metà delle spese del giudizio intentato dalle signore Costantini ha ben diritto di farsi rivalutare dal Comune, come infatti chiedono i suoi eredi (che chiedono anche la rivalsa dei danni). E l’attuale amministrazione dovrà studiare bene l’argomento, con la scorta degli atti consegnati molti anni orsono all’avv, Mariani di Aquila, per accertare se e quale responsabilità possa ricadere sugli amministratori che intempestivamente, a quanto sembra, aggiudicarono l’appalto e permisero la esecuzione dei lavori dando origine alla vertenza con le signore Costantini ed a quella ben più pericolosa che permane con gli eredi dell’appaltatore Cesidio Micangeli.

 

 

Spese per la fontana di S. Erasto

(n.3 dell’o.d.g.)

 

Con deliberazione n. 41 del 13 novembre 1898 il Consiglio comunale a seguito delle premure dei frazionisti di Corvaro accordò un sussidio di L.150 per restaurare l’antica fontana di S.Erasto, sita in aperta campagna in mezzo ad una zona di terreno adibita al pascolo e quindi utilissima agli allevatori di bestiame. Tale sussidio, come si legge nella deliberazione, doveva essere pagato nell’anno 1899 e dopo che l’opera di restauro fosse stata regolarmente compiuta. Il Sig. Morelli Luigi, ora defunto e in quell’epoca consigliere comunale, si assunse l’incarico di eseguire i lavori di restauro alla detta fontana giovandosi della prestazioni d’opera dei Corvaresi e del sussidio che aveva promesso il Comune . A tale intento egli incaricò lo scalpellino Di Nunzio Filippo di lavorare le pietre occorrenti ed al medesimo furono dal Comune pagate L. 100 (come da mandato n. 51 del 27 marzo 1899) prima cioè che l’opera di restauro fosse stata compiuta. Di poi le pietre scalpellate non furono poste in opera e rimasero giacenti sul posto perché essendosi in quel torno di tempo riconosciuta la necessità di riattare anche la strada detta Via Dritta che costeggia la detta fontana si pensò di utilizzare le prestazioni d’opera dei Corvaresi per completare insieme i lavori di riatto della strada e della fontana, mentre poi non se ne fece più nulla ed i lavori non vennero nemmeno iniziati.

L’unica spesa dunque sostenuta dall’amministrazione fu quella di cento lire pagate allo scalpellino che lavorò le pietre rimaste poi inutilizzate sul posto. Ma di questa spesa non sembra possa chiamarsi responsabile alcuno avendo l’amministrazione pagato un lavoro effettivamente eseguito dall’operaio Di Nunzio ed avuto riguardo che il materiale scalpellato potrà ancora servire qualora il Consiglio o la stessa amministrazione decidesse di riattare la fontana di S. Erasto rimasta da quell’epoca sempre inservibile.

 

 

Spese per la fontana di Villecollefegato

(n. 7 dell’o.d.g.)

 

Anche i reclamanti affermano che si sia speso del danaro senza alcuna utilità ed io per meglio constatare lo stato delle cose mi recai di persona assieme al sindaco ed a due assessori a constatare de visu la fontana in discorso.

In verità credevo di trovare chi sa quale opera monumentale, mentre potei constatare che la frazione di Ville possiede l’unica fontana lontano dall’abitato,con una strada di accesso disagevolissima e per giunta povera di acqua tanto che nel periodo di magra si può dire che rimanga all’ asciutto.

I reclamanti parlando di spese inutili intendono accennare alla scarsità dell’acqua convogliata e ad un piccolo lavatoio coperto adiacente alla fontana,ma l’accusa non è punto giustificata nei riguardi almeno dell’amministrazione comunale la quale costruendo la predetta fontana cercò di accontentare le fondate richieste di quei frazionisti che debbono ancora oggi, durante il periodo estivo dissetarsi con acqua di cisterna o con quella del fiume Salto.

La somma spesa per la fontana in parola non potei accertarla stante che l’appalto, aggiudicato nell’agosto 1895 al sig. Cesidio Micangeli per cumulativo con la costruzione di altre fontane per un ammontare complessivo di lire 4.490 ed i lavori furono eseguiti contemporaneamente nelle varie frazioni tanto che i mandati di pagamento furono emessi cumulativamente.

Da un conteggio approssimativo fatto senza tener presente la perizia che non rinvenni nell’archivio, mi risultò che per la fontana di Ville si spesero circa lire 1500 e se a lavoro compiuto si constatò che le sorgenti allacciate erano troppo povere d’acqua, la colpa non può darsi all’amministrazione ma se mai a chi compilò il progetto.

 

Strada di Villecollefegato. Restauri

(n. 12 dell’o.d.g.)

 

Altre lagnanze hanno mosso i cittadini per la mancata sistemazione della strada che dal capoluogo conduce a Ville ed i reclamanti hanno ragione perché la strada trovasi veramente in cattive condizioni.

Il Consiglio comunale fin dal 1907, con deliberazione n.75 del 14 novembre detto anno (approvato dalla G,P. il 28. 2. 1908 n, 3757) stabilì di dare esecuzione ai lavori di riattamento delle strade comunali obbligatorie nelle frazioni di Corvaro,Ville, Castelmenardo, S.Anatolia e Torano giovandosi,stante la mancanza di mezzi,delle prestazioni di opere in natura giusta tariffa che si fissò con la stessa deliberazione. Difatti si compilò il ruolo delle prestazioni (approvato il 7 nov. 1908 col n. 4975) e si eseguirono i lavori di riattamento , ma quelli per la strada di Ville rimasero sospesi poco dopo essere stati iniziati.

Il sindaco mi diede affidamento che i lavori sarebbero stati al più presto ripresi e così cesserà ogni ragione di lagnanza.

 

 

Spese per un commissario prefettizio

(n. 4 dell’o.d.g.)

 

Con la domanda contenuta nel n. 4 dell’ordine del giorno si fa un’accusa indiretta all’attuale segretario comunale sig. Tiberi accennandosi alla responsabilità della spesa per l’intervento di un commissario prefettizio per la gestione del dazio consumo.

I fatti cui si allude risalgono al 1900 epoca in cui il sottoprefetto del tempo, con decreto 25 settembre di detto anno, inviava sul posto quale commissario il sig. Edmondo Tagliaferro per esaminare l’andamento della gestione daziaria e per sollecitare la compilazione dei ruoli delle tasse comunali.

Dall’esame della pratica relativa al dazio potei riscontrare che il Comune nel settembre 1899 aveva stipulato n. 11 contratti per l’appalto della riscossione dei dazi nel triennio 1899 – 901 pel capoluogo e frazioni e che non essendosi fornita la prova del versamento delle varie cauzioni, come aveva richiesto la Sottoprefettura fin dal 2 dicembre 1899, si rese necessario l’intervento del commissario.

La relazione che a suo tempo avrà presentato il sig. Tagliaferro non è stato possibile rintracciarla in questo archivio. Risulta solo da una lettera del sindaco in data 1° ottobre 1900 che dallo stesso commissario furono spediti alla Tesoreria provinciale i depositi cauzionali degli 11 appaltatori per l’ammontare di lire 1142,75.

Non avendo la pratica avuto alcun seguito è lecito arguire che il commissario non abbia trovato elementi sufficienti per addebitare responsabilità a chicchessia e quindi non si dovrebbe ora parlare, alla distanza di nove anni, di responsabilità personali per le 72 lire d’indennità pagate al Commissario.

Questo capo d’accusa, come ho già accennato, mira a colpire quasi apertamente il segretario Tiberi il quale come tutti i poveri mortali pur essendo una onesta e pacifica persona conta qualche avversario cui farebbe piacere di poterne offuscare la reputazione d’uomo onesto facendo dilagare accuse che per la loro stessa indeterminatezza lasciano adito a facili sospetti e malignazioni.

Io ho cercato, in mancanza della relazione del commissario Tagliaferro, di ricostruire i fatti che motivarono l’inchiesta ed all’uopo ho raccolto le dichiarazioni dello stesso segretario Tiberi, del sindaco del tempo sig. De Sanctis, e di uno degli appaltatori daziari.

Il segretario Tiberi ebbe a dichiararmi:

1°- che i depositi cauzionali degli appaltatori daziari, allorquando nel settembre 1900 avvenne l’inchiesta Tagliaferro, non erano stati ancora completamente versati mancando fra gli altri quello di lire 431,25 dell’appaltatore del capoluogo sig. Elia Micangeli il quale provvisoriamente aveva depositato nelle mani del segretario, a garanzia, del contratto stipulato il 3 settembre 1899, un mandato a lui intestato per somma superiore a quella che avrebbe dovuto prestare in cauzione;

2° - che le cauzioni già versate al segretario dagli altri appaltatori furono temporaneamente adoperate, col consenso del sindaco del tempo sig. De Sanctis, per far fronte a pagamenti urgenti per conto dell’amministrazione e precisamente alla tipografia della Prefettura, al direttore dei lavori di costruzione delle strade comunali obbligatorie etc.

Il Micangeli, interrogato sulla circostanza del tardato deposito cauzionale, mi confermò i fatti esposti dal segretario.

L’ex sindaco De Sanctis a sua volta mi dichiarò che trovandosi gravemente malato nell’epoca dell’inchiesta Tagliaferro non poteva rammentare con precisione fatti e circostanze, però ammise che una porzione dei depositi cauzionali versati dagli appaltatori furono momentaneamente erogati per pagamenti urgenti e aggiunse, a mia domanda, che non riteneva affatto capace il segretario Tiberi, da lui conosciuto e sperimentato per oltre venti anni, di commettere qualsiasi benché minima indelicatezza.

Da siffatte dichiarazioni risulterebbe dunque che in quella circostanza non si procedette in vero regolarmente né dal segretario né dall’amministrazione che dopo aver tollerato un indebito ritardo nei versamenti delle cauzioni da parte degli appaltatori, finì poi con l’adoperare le somme, sia pure momentaneamente, per conto del Comune, mentre tali depositi dovevano rimanere del tutto intangibili.

All’infuori di siffatte deplorevoli irregolarità non risulta che il segretario avesse distratto per suo uso, come si vorrebbe insinuare dai reclamanti, una porzione delle somme in sue mani depositate. A queste conclusioni suppongo debba essere venuto lo stesso commissario Tagliaferro dal momento che la pratica non ebbe più seguito né risulta fossero state fatte proposte di provvedimenti disciplinari od altro.

Su tale argomento fu anche richiamata l’attenzione delle autorità dal consigliere Colabianchi allorquando si trattò di approvare il conto 1900. Egli fece inserire nel verbale una protesta per l’esistenza nel conto stesso di alcuni mandati per compensi a commissari che non riteneva giustificati, chiedendo l’accertamento da parte della Superiorità degli eventuali responsabili di tali spese, volendo con ciò alludere al segretario ed alle spese pel commissario Tagliaferro. Ma nel decreto d’approvazione del conto 1900 (emesso il 12 novembre 1904) niuna osservazione fu fatta in proposito dal Consiglio di Prefettura, il che conferma l’opinione che neanche allora si poté riscontrare la colpabilità del segretario Tiberi.

Dal canto mio, ripeto, sono convinto che il segretario Tiberi in quella occasione abbia agito,e per colpa anche dell’amministrazione, irregolarmente ma non disonestamente, come del resto la pensa la gran maggioranza della popolazione che da tanti anni vede in lui non solo l’impiegato buono e servizievole, ma anche il cittadino morigerato ed onesto, contrariamente a quanto vorrebbe far credere la voce anonima di qualche malevolo.

 

 

 

Spese per la lite con Martorelli Domenico

(n. 5 dell’o.d.g. )

 

Con mandati di pagamento del 5 luglio, 1 settembre, 12 novembre 1904 e 6 maggio 1905 il Comune di Borgo si costituiva debitore d L.200 in favore di Martorelli Domenico a titolo di indennità per la costruzione dell’acquedotto.

Il Martorelli non potendo riscuotere detti mandati per rifiuto del tesoriere che accampava la mancanza di fondi, con atto di citazione del 17. 12.1906 chiamò davanti il pretore il Comune in persona del sindaco del tempo sig. Felli, per farlo condannare al pagamento dei predetti mandati in lire 200, al rimborso di L. 55 per indennità di viaggio da S.Stefano al capoluogo e ad Aquila,e al pagamento degli interessi dal dì di emissione di ciascun mandato, oltre, s’intende le spese di giudizio e d’onorario.

Abbandonata una prima volta la causa dietro formale promessa di pagamento fatta dall’amministrazione comunale, fu riprodotta con atto 22 aprile 1907 e per la stessa ragione nuovamente abbandonata; da ultimo fu richiamata con atto 7 giugno 1907.

All’udienza del 13 giugno 1907, contumace il Comune, il pretore accolse la domanda del Martorelli e condannò il Comune al pagamento di lire 255 a favore dell’attore, nonché degli interessi legali su tal somma dal 17 dicembre 1906 alla effettiva soddisfazione oltre al pagamento di lire 63,30 per le spese di giudizio.

Tale sentenza fu notificata al Comune il 29 giugno 1907,ma nemmeno allora l’amministrazione si scosse tanto che successivamente l’attore con atto 19.VII. 1907 procede al pignoramento presso terzi; il 2 agosto fece precetto mobiliare ed infine il 27 ottobre ed il 6 dicembre successivi eseguì precetto immobiliare, in modo che le sole spese giudiziarie si elevarono alla bella sommetta di lire 271,55 che furono finalmente pagate con mandato n. 301 del 24 gennaio 1908.

Da questa nuda esposizione dei fatti risulta in modo evidente la deplorevole trascuratezza spiegata dall’amministrazione la quale per non aver pagato a tempo debito e dopo condiscendenti dilazioni la somma di lire 200, si è poi dovuta sobbarcare a sborsare più del doppio!

Giustamente quindi si lamenta dai reclamanti questo spreco del pubblico danaro e merita conto di assodare a chi spetti la responsabilità della inutile spesa.

Io esaminai i verbali di verifica di cassa degli anni in cui avrebbe dovuto effettuarsi il pagamento delle 200 lire e riscontrai che :

  • Nell’esercizio 1904 il tesoriere risulta sempre in credito da un minimo di lire 242,03 ad un massimo di lire 6517,61;
  • Nell’esercizio 1905 il tesoriere è in credito per i primi cinque bimestri, mentre nel verbale di chiusura d’esercizio figura in debito di lire 1978,85;
  • Nell’esercizio 1906 il tesoriere in credito per i primi cinque bimestri è in debito nel verbale di chiusura per lire 480,52;
  • Nell’esercizio 1907 il tesoriere in credito per i primi cinque bimestri, in debito alla chiusura per lire 485,35.

Del mancato pagamento delle 200 lire al sig. Martorelli, che come dissi fruttò la bellezza di lire 271,55 di spese giudiziarie, si palleggiano la responsabilità l’esattore-tesoriere e l’amministrazione comunale.

Il tesoriere Di Pirro afferma che quando il Martorelli si presentava a riscuotere i noti mandati (perché in quell’epoca si aveva la brutta consuetudine di consegnare i mandati agli interessati anziché trasmetterli al tesoriere, come invece si usa da circa tre anni a seguito di richiami di questo ufficio) egli non poteva eseguirne il pagamento per mancanza di fondi.

L’amministrazione dal canto suo, di fronte alle insistenze, alle citazioni, ai sequestri ed ai precetti mobiliari ed immobiliari del creditore, dormiva i sonni del giusto senza darsi alcuna premura di tacitare le legittime richieste del Martorelli pur trattandosi di somma di minima importanza e nonostante che alla fine degli esercizi 1905 – 1906 – 1907 il tesoriere risultasse costantemente di somme molto superiori alle 200 lire dovute al Martorelli.

Così svoltisi i fatti, a me sembra che ben a ragione dai reclamanti si muova rimprovero all’amministrazione di un siffatto sperpero di pubblico danaro e se ne chieda la rivalsa al Comune da parte dei responsabili.

Il giudizio su una tale questione esorbita dalla mia competenza e niuno meglio del civico consesso potrà, vagliati i fatti e tenute presenti le circostanze in cui essi si svolsero, emettere una dichiarazione di responsabilità per far indennizzare il Comune delle somme spese per la lite Martorelli, lite che non avrebbe avuto occasione di sorgere se gli amministratori del tempo non avessero dato esempio di una neghittosità che è doppiamente colpevole in coloro che amministrano la pubblica cosa e dovrebbero sentire tutto il dovere di invigilare perché bene ed utilmente Impiegato, anziché in inutile sperpero, vada il danaro del pubblico erario.

 

 

Spese per la lite col barone Coletti

(n. 8 dell’o.d.g.)

                               

L’amministrazione comunale non era purtroppo alle prime armi con le prodezze del giudizio Martorelli di cui si è dianzi discorso. Debbo ora occuparmi della vertenza col barone Coletti e trattandosi di un caso anche più tipico del precedente dovrò dilungarmi, mio malgrado, per la chiara esposizione dei fatti, il che gioverà anche a meglio lumeggiare il sistema tenuto dagli amministratori di quell’epoca nel governo della civica azienda.

Per circa venti anni il Comune teneva in fitto (per contratto verbale) un fondo in contrada Chiusa, oggi Piazza del Mercato, di proprietà della marchesa Antonini Castiglione, maritata al barone Coletti Alfonso, per l’annuo corrispettivo di lire 60.

Nell’anno 1903, il tesoriere Di Pirro Giovanni, allegando la mancanza di fondi in cassa ricusò di pagare l’annualità del fitto in L. 60 di cui al mandato n. 346 emesso il 21 .12 di detto anno a favore della proprietaria baronessa Coletti. Passò un anno senza che le richieste della creditrice sortissero migliore effetto tanto che la baronessa si vide costretta a valersi delle vie legali e con atto di citazione del 3 dicembre 1904 al Comune si fece a chiedere:

1° Il pagamento del fitto scaduto e non pagato per l’annata 1903 in L.60 per l’affitto del terreno adibito a Piazza del mercato;

2° il rilascio del fondo locato;

3° il pagamento di L. 500 per danni arrecati al fondo;

4 ° il rimborso delle spese di giudizio.

Nell’udienza del 5 dicembre 1904 il Comune, rappresentato dal sindaco del tempo Antonio De Sanctis, ammetteva il debito di lire 60 e chiedeva un termine per rispondere su gli altri capi della domanda. La causa subì in seguito vari rinvii e per e fu poscia abbandonata dall’attrice.

Passarono intanto altri otto mesi e la proprietaria, non vedendosi soddisfatta dall’amministrazione, con altro atto del 22 agosto 1905 richiamava la causa ed all’udienza del successivo giorno 24 chiedeva pure il pagamento dell’altra annata già scaduta, cioè del 1904, (giusta mandato di pagamento rilasciato addì 2,aprile 1905 n.418 ) ed insisteva pel rilascio del fondo con sentenza munita di clausola provvisionale. In quanto ai danni chiedeva una perizia.

Il Comune convenuto non comparve ed il pretore con sentenza 30-31 agosto 1905 ordinava un novello richiamo di causa nei termini prescritti dall’art. 147 C.P.C. rinviando il merito al definitivo.

L’attrice baronessa Coletti ottemperò all’ordine e alla udienza del 18 settembre 1905 chiedeva la condanna del Comune al pagamento della somma domandata con i precedenti verbali di causa ed insisteva per il rilascio del fondo ed in quanto ai danni chiedeva una perizia.

Il Comune, a mezzo dell’assessore De Cesare comparso all’udienza ammetteva il debito e negando i danni consentiva la chiesta perizia.

Finalmente con sentenza 25 settembre 1905 il pretore condannò il Comune al pagamento di lire 120 per fitto due annualità; dichiarò risoluto il contratto per mora del debitore; condannò il Comune a rilasciare il terreno ed ordinò la perizia per la valutazione dei danni. Ma neanche dopo questa sentenza, che venne regolarmente notificata, l’amministrazione comunale si decise a pagare quanto doveva.

Vi fu precetto ed il rilascio del fondo (che poi venne nuovamente ripreso in fitto nell’anno 1908) e le spese del giudizio salirono alla discreta somma di lire 209,95 come da mandato n. 219 del 7 novembre 1905 . Ed anche qui vale la pena di indagare a chi spetti il merito di aver procurato queste inutili spese al Comune.

Durante le more del giudizio dal 3 dicembre 1904 al 25 settembre 1905 il tesoriere risulta sempre in credito come dal seguente specchietto dei risultati delle verifiche trimestrali di cassa:

 

Esercizio 1904

bimestre

Data verifica

Tesoriere in credito di lire

   

                                               1°                   13 marzo                 242,03

                                               2°                 7 maggio                          3334,18  

                                               3°                   23 luglio                   3145,58

                                               4°                   24 settembre           6517,61

                                               5°                   26 novembre           3790,57

                                               6°                   12 gennaio 05         529,17

Esercizio 1905

bimestre

Data verifica

Tesoriere in credito di lire

 

13 marzo

2770,71

 
 

14 maggio

4083,53

 
 

6 luglio

5033,42

 
 

5 settembre

6298,82

 
 

13 novembre

9 gennaio 06

746,97

1978,8in debito

Tale lo stato della cassa comunale nel biennio 1904-1905, ma l’essere il tesoriere rimasto in       credito per quasi tutto il suddetto periodo non giustifica il costante rifiuto da lui opposto al pagamento dei mandati per annualità di fitto alla baronessa Coletti.

Quando fu emesso dal Comune il mandato 21 dicembre 1903 di lire 60 pel pagamento dell’annata 1903 il tesoriere affermava essere in credito in base a tale verbale di verifica di cassa del V° trimestre eseguita il 5 novembre da cui risultava il suo credito di lire 1416,22, ma bisogna ritenere il contrario dal momento che dal verbale di chiusura dell’esercizio, compilato l’8 gennaio 1904, risulta un debito di lire 143,10.

All’epoca dunque che fu emesso il primo mandato di lire 60, pel fitto dell’anno 1903, il tesoriere aveva fondi ed avrebbe dovuto pagare, mentre, come mi assicurò personalmente il sig. Filauro, amministratore della casa Coletti, tutte le volte che egli si presentò a riscuotere il detto mandato si ebbe sempre lo stesso rifiuto dal tesoriere Di Pirro che adduceva la mancanza di fondi. A sua volta il tesoriere da me interrogato in proposito si ostinò a dire che il sig. Filauro si è sempre presentato a lui più volte pel pagamento del detto mandato, ma non però alla chiusura dell’esercizio 1903 e solo posteriormente, ossia nell’anno 1904, nel periodo in cui egli figura costantemente in credito verso il Comune come dal riportato specchietto.

Ma quale che sia la vera delle due asserzioni, rimane nella sua dolorosa realtà il fatto che per non essersi pagata la tenue somma di lire 60 pel fitto 1903, e quando v’erano fondi in cassa più che sufficienti si andò incontro ad un giudizio che venne a gravare sulla cassa comunale per ben 209,35 lire, una vera enormità!

L’amministrazione che male fece nel dicembre 1903 col consegnare nelle mani del Sig. Filauro il mandato delle 60 lire e peggio operò a non vigilare che il tesoriere soddisfacesse, quando era in grado di farlo, un tale piccolo debito, raggiunse il colmo nel periodo successivo allorché nemmeno dopo la prima citazione né tampoco nelle more del giudizio che ho voluto a bella posta descrivere nelle sue lunghe fasi, volle decidersi a pagare per troncare i dannosi effetti della procedura coattiva. E dire che si trattava di un terreno che è di grande utilità al Comune che lo adibisce per piazza di mercato!

Ogni commento a carico dell’amministrazione che diede prova di una incuria che fa degno riscontro alla riluttante ostinazione del tesoriere Di Pirro, sarebbe inutile dopo la esposta narrazione dei fatti.

Anche per questo argomento, come per la lite Martorelli, il Consiglio dovrà, ora che l’argomento è tornato in campo e forma oggetto di giuste critiche e lagnanze, pronunciare una dichiarazione di responsabilità delle somme sperperate, ed a me sembra che non soltanto gli amministratori del tempo ma anche lo stesso tesoriere sig. Di Pirro Giovanni ne dovranno rispondere.

 

 

Spese per la lite con Petricca Silverio

(n. 6 dell’o.d.g.)

 

Fra le censure fatte pubblicamente all’amministrazione nel comizio del 25 aprile u.s. vi è anche quella in cui si parla delle inutili spese sostenute per la lite giudiziaria con Petricca Silverio. Ecco come si svolsero i fatti.

Nell’anno 1894 il Comune, che era stato autorizzato con regolari deliberazioni consiliari del 15 luglio e 4 agosto di detto anno (approvate dalla G.P.A. l’11.12. 1894) a contrarre un mutuo a breve scadenza di lire 8000, fece un prestito di lire 1500 col sig. Petricca Silverio di Corvaro.

   Gli interessi del prestito, nella misura di lire 120 annue furono sempre pagati fino all’anno 1907 epoca in cui il tesoriere Di Pirro si rifiutò di estinguere il mandato di lire 120 emesso dall’amministrazione il 28 XII 1907 col n. 274. Si maturò in seguito un’altra annata di interessi pel 1908 e nemmeno il mandato n. 265 del 3 gennaio 1909 per altre 120 lire si volle pagare dal detto tesoriere tanto che il creditore Petricca, per far valere i suoi diritti, con atto del 14 marzo 1909 citò il Comune in persona del sindaco attuale sig. Antonini Ermenelgildo pel pagamento delle 240 lire, ammontare delle due annate d’interessi sulla somma mutuata.

   Il Comune a sua volta, con citazione del 30 marzo 1909 chiamò in causa del 30 marzo il tesoriere Di Pirro (che all’udienza del 1° aprile successivo si rese contumace) ed il pretore con sentenza del 7-8 aprile, riservando al Comune ogni azione verso l’esattore Di Pirro, dichiarò il primo obbligato a pagare al Petricca la somma di lire 240 e alla rifusione delle spese che ammontavano a lire 39,40 e che poi con la notifica della sentenza avvenuta il 23 aprile u.s. salirono a lire 59,14.

In seguito vi fu anche atto di pignoramento e solo allora il tesoriere pagò le 240 lire al Petricca per i due mandati emessi negli esercizi 1907,1908, e lire 68,90 per rimborso di spese giudiziarie giusta mandato, n. 87 del 2 maggio 1909.

Venendo alle responsabilità per queste dannose spese giudiziarie che si sarebbero potute e dovute evitare, si osserva:

  • che il mandato del 28 dicembre 1907 n. 274 per lire 120 si sarebbe potuto estinguere perché dal verbale di chiusura dell’esercizio 1907 (verifica di cassa del 30 gennaio 1908) il tesoriere risultava in debito di lire 485,35;
  • che l’altro mandato del 3 gennaio 1909 n.265, pure di lire 120, per gli interessi dovuti per l’annata 1908 non fu potuto pagare perché dai riscontri da me fatti in base ai verbali di verifica di cassa per tutto l’esercizio 1908 e per la prima metà dell’anno 1909 il tesoriere risulta costantemente in credito.

Ma per chiarire le responsabilità è d’uopo riportarsi alle origini della vertenza , anche perché è       lecito supporre che se il Petricca fosse stato soddisfatto del primo mandato alla fine dell’anno 1907, molto probabilmente avrebbe pazientato ancora per il pagamento degli interessi per l’anno 1908 risparmiando al comune le spese del giudizio.

Ora il tesoriere, da me richiesto, ha ripetuto il solito ritornello che il mandato 28 dicembre 1907 fu a lui presentato quando era sfornito di fondi, mentre, come sopra ho detto, alla chiusura dell’esercizio 1907 risultava un fondo di cassa di lire 485,35. Ed infatti il mandato in parola, sebbene in quell’epoca l’amministrazione avesse già adottato il sistema di emettere i mandati direttamente al cassiere, rimase eccezionalmente in mano dell’interessato al quale fu spedito dal segretario comunale per la quietanza mentre trovavasi malato a Corvaro.

   Sarà bene che anche su questa faccenda della spesa di lire 68,90 per gli atti giudiziari esperiti dal Petricca il Consiglio porti il suo esame per la dichiarazione di eventuali responsabilità. Aggiungo per notizia che il credito Petricca di lire 1500 sarà estinto col ricavato del mutuo di lire 32mila per dimissione di debiti in corso di approvazione.

 

Vendita del Bosco San Rocco

(n. 9 dell’o.d.g.)

 

Con contratto 13 gennaio 1901 il Comune vende, a seguito di regolari esperimenti d’asta, al sig. Colabianchi Antonio la 5° sezione del bosco Cerasolo ( Terzetto San Rocco) per la somma di lire 8300 da pagarsi in quattro rate annuali che scadevano nel mese di aprile degli anni 1901, 1902, 1903,1904.

Garanti solidali per l’aggiudicatario furono i sig.ri Desideri Bonaventura e de Sanctis Giannantonio.

Mancato, nell’aprile 1901, il pagamento della prima rata, il Comune con citazione 2 3 maggio 1902 convenne in giudizio il Colabianchi ed i fideiussori per la risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 1165 del C.C. e per la rivalsa dei danni. Il Tribunale, con sentenza 21-23 luglio 1903 (allegato E) dichiarò risoluto il contratto, condannò l’aggiudicatario Colabianchi ed i fideiussori De Sanctis e Desideri al pagamento in solido di lire 300 a titolo risarcimento danni nonché al pagamento di tutte le spese del giudizio compresi gli onorari d’avvocato.

       L’amministrazione comunale soltanto dopo due anni, e precisamente il 18 maggio 1904,       notificò detta sentenza ai condannati.

Posteriormente i fideiussori suddetti con istanza diretta al sig, Prefetto chiesero di essere esonerati dal pagamento di cui alla sentenza del Tribunale ed il Consiglio comunale, cui fu sottoposta l’istanza, in seduta del 10 febbraio 1907 (approvata dalla G.P.A. il 14 aprile1907 n. 4695) accordò una riduzione di lire 100 sulla somma di lire 300 dovuta a titolo risarcimento di danni.

In tal modo il credito del Comune verso il Colabianchi ed i suoi fideiussori veniva ad essere così residuato: rivalsa di danni L. 200; spese giudiziali L.221,85,in totale L. 421,85.

L’amministrazione comunale però non si è curata ancora di riscuotere tale credito ed ora dovrà rinnovarsi l’invito ai fideiussori solidali, essendo il Colabianchi insolvibile, a pagare detta somma proseguendo nel caso di rifiuto gli atti giudiziari pel recupero dell’intero credito.

   Credo opportuno aggiungere per l’esatta narrazione dei fatti che a seguito della risoluzione del contratto il Comune, a titolo di pagamento della porzione del bosco già utilizzata incassò le 400 lire depositate dal Colabianchi per adire alle aste, la quale somma figura infatti introitata nel conto 1901.

Al Colabianchi, all’atto della rescissione del contratto fu pure sequestrata una piccola quantità di carbone proveniente dal taglio di bosco già iniziato,il quale carbone fu venduto all’asta in Corvaro ricavandone, detratte le spese, la piccola somma di lire 10,25.

Su questa vendita però non potei rintracciare sufficienti documenti giustificativi e queste notizie mi vennero confermate verbalmente dall’assessore del tempo sig. Ferreri Pietro il qual ebbe incarico dal sindaco sig. De Sanctis di occuparsi della vendita del carbone sequestrato.

Non voglio credere che in quella occasione si verificassero irregolarità e malversazioni magari di piccola entità; certo è però che l’amministrazione in questa faccenda si è mostrata poco o niente curante di tutelare gli interessi del Comune e dovrà ora scuotersi dall’inerzia proseguendo gli atti coattivi pel recupero delle 421,85 lire di cui sopra.

 

 

 

Demani comunali

 

I Demani comunali di Borgocollefegato, come purtroppo si è verificato in tanti altri Comuni, ebbero a subire in proprio danno numerose ed antiche usurpazioni, tanto da far sentire alla popolazione il bisogno di completarne l’accertamento, operazione che venne infatti affidata all’agente demaniale sig. Giustini il quale non ancora ha esaurito il suo compito.

     In base agli accertamenti fatti dal Giustini, con deliberazione del 29 novembre 1906 n. 81, il Consiglio comunale autorizzava la compilazione di un ruolo straordinario suppletivo per due annate arretrate (1904-1905) pel corrispettivo dovuto tanto dagli occupatari che avevano conciliato tanto per quelli che non comparvero dinanzi all’agente o ricusarono la conciliazione ma per i quali risultasse essere effettivamente detentori di fondi demaniali.

Si compilò infatti il ruolo per un ammontare di lire 14700,01 e fu reso esecutorio dal sig. Prefetto col visto n. 623 del 12 agosto 1907.

     Consegnato il ruolo all’esattore per la riscossione sorse una viva opposizione contro di esso che colpiva molte persone appartenenti alla classe abbiente del paese tra cui parecchi consiglieri comunali e si manifestò fra gli interessati un’agitazione contro l’operato dell’agente, agitazione che prese forma concreta in giudizi di opposizione al ruolo.

     Dapprima le ditte più importanti e poscia quelle minori adirono il Tribunale o la Pretura, a seconda della competenza, e fra gli oppositori si trovarono alcuni consiglieri comunali tanto che con deliberazione del 5 aprile 1908 i sig. Santori Angelo, Di Gaetano Giovanni e Ferreri Pietro furono dichiarati decaduti dalla carica appunto per trovarsi in lite col Comune.

   Il Tribunale con sentenza 12-16 novembre 1908 ritenne illegale la compilazione del ruolo perché non erano avvenute le conciliazioni; e per le ditte che avevano firmato il verbale di conciliazione mancava la prescritta sanzione sovrana. Conseguentemente furono dichiarati nulli ed improduttivi di effetti giuridici gli atti esecutivi espletati nel frattempo dall’esattore per la riscossione del ruolo in parola.

Tale sentenza, che non trovai fra gli atti d’ufficio, essendo stata rimessa in prefettura il 28 giugno u.s.   con la sottoprefettizia n.2550 venne notificata al Comune il 12 dicembre 1908.

     Rimaneva a conoscersi l’esito delle cause pendenti in Pretura per lì opposizione fatta da ben 178 ditte al ruolo predetto . Dopo molti rinvii venne fissata l’udienza del 13 maggio 1909 per la definitiva discussione delle promosse opposizioni, ma la Giunta comunale in considerazione dell’esito sfavorevole avuto in Tribunale, con deliberazione d’urgenza del 10 maggio decise di venire ad una transazione con le ditte ricorrenti stabilendo di rivalere le spese, accordare l’indennità di lire 3 a ciascun ricorrente e rimborsare i canoni che risultassero indebitamente pagati (ossia le ditte che non avevano conciliato).

Tale deliberazione d’urgenza venne ratificata dal Consiglio il 23 maggio e la G.P.A. nella tornata del 15 luglio successivo autorizzò la transazione (v. prefettizia n.364 del 30 luglio 1909) facendo salva ogni azione dell’ente verso gli amministratori del Comune. Quanto sopra dicesi riguardo al ruolo straordinario per gli arretrati 1904, 1905.

   Il Comune ogni anno e fino al 1906 ha compilato il consueto ruolo dissodati (ordinario) che dà un gettito di circa 3000 lire. Nel detto ruolo ordinario sono comprese le ditte già conciliate nel 1895-96 in seguito alle operazioni di revisione del perito demaniale Giustini ed anche quelle per le quali non furono eseguiti nuovi accertamenti e quindi venivano tassate in base a quelli antichi.

Il ruolo 1907, compilato come di solito, venne respinto dalla Prefettura, a seguito di che la Giunta comunale nella seduta del 7 marzo 1908 riformò il ruolo escludendo le partite per le quali non si erano eseguiti accertamenti, in modo che il gettito del ruolo da lire 3184,65 si ridusse a lire 2567,26. Il ruolo così modificato venne nuovamente respinto dalla Prefettura, ma poi a seguito del diretto interessamento dell’Agente Giustini, venne approvato. La Prefettura in quella occasione, con lettera n. 315 del 14 maggio 1908 diretta al sindaco ebbe a scrivere : “ Soltanto in via del tutto eccezionale, e per questo solo anno, restituisco reso esecutorio l’unito ruolo dei canoni demaniali per le frazioni S. Anatolia, Cartore, Spedino, Torano, Grotti e Poggiovalle .”

   Il ruolo ordinario 1908 venne compilato con ritardo, ossia nel giugno 1909 e per sole lire 2562,26, perché si sperava avere dal sig. Giustini i verbali delle conciliazioni eseguite con i frazionisti di Corvaro e S. Stefano fin dall’anno 1906 e ciò nell’intento di includere nel ruolo anche queste partite che avrebbero apportato l’aumento di circa 3000 lire nel gettito del ruolo stesso.

   Il ruolo 1909 sarà compilato in fine di esercizio per la stessa ragione, per includervi cioè le ditte conciliate di Corvaro e S.Stefano e rimediare in parte alle esigenze del bilancio nel quale figurano stanziate lire 5800 per canoni demaniali.

L’Agente Giustini, sebbene sollecitato, non ancora ha approntato il ruolo di cui sopra e ritengo molto difficile che l’amministrazione potrà realizzare nell’esercizio questo maggiore introito sul quale faceva assegnamento fin dall’anno 1907, avendo il Giustini eseguiti gli accertamenti nell’anno precedente. Le operazioni di accertamento ancora da compiersi riguardano le terre demaniali del capoluogo e delle frazioni Ville, Castelmenardo, Collemaggiore, Pagliara, Villetta e Collorso.

 

Spedalità romane

 

Il debito del Comune per le spedalità romane anteriori al 1907 ammonta alla bella cifra di lire 10838,94 e l’annualità trentennale stabilita con la legge 24 marzo 1907 n.110, compreso l’interesse del 4%, è di lire 626,82.

Nell’esercizio 1907 il debito delle spedalità ascese a lire 1491,39 e nel successivo 1908 a lire 1826,38

L’amministrazione comunale di fronte al crescendo allarmante di queste spese non ha fatto dal canto suo alcunché di concreto per rivalersi, almeno in parte, dagli interessati delle somme…… pel ricovero negli ospedali della capitale né si è mostrata sollecita dei propri interessi impugnando in tempo (ai sensi dell’art.3 legge 31 maggio 1900 n.211) gli elenchi dei ricoverati tutte le volte che in essi furono compresi individui non appartenenti al Comune per nascita o per averne acquistato il domicilio di soccorso.

Soltanto nell’anno 1906, con ricorso del 3 settembre al Consiglio di Stato, il Comune impugnò il conto delle spedalità per l’annata 1903 (reso esecutorio dal Ministero dell’interno il 18.6. 1906) che ammontava a lire 922,21, sostenendo che per 19 ricoverati non si era data alcuna partecipazione all’atto dell’avvenuto ricovero e che per altri 5 risultava non esser nati né domicilati né residenti nel Comune.

Il Consiglio di Stato con decisione del 28.12.1908 dichiarò ammissibile il ricorso ma lo respinse considerando fra l’altro che il Comune “non dimostra come gli infermi stessi di cui si domanda la cancellazione nell’elenco siano in condizione di poter esser iscritti fra la popolazione avente il domicilio di soccorso nella capitale, ........ e perché nessuno degli iscritti si trova nel registro dell’anagrafe di Roma”

E’ quindi da sperare che per l’avvenire l’amministrazione impari a sue spese ad essere più vigile custode dei propri interessi di fronte alle richieste degli Ospedali romani; intanto è necessario compilare un ruolo di rimborsi nel quale figureranno tutte le persone abbienti ricoverate nell’ultimo quinquennio ed alle quali si potrà agevolare il pagamento con quote rateali. In tal modo il Comune potrà realizzare, se coadiuvato dal buon volere dell’esattore tesoriere,una discreta somma che non è opportuno né giusto vada perduta per l’erario comunale.

 

Contravvenzioni forestali

 

Prima della promulgazione della legge 19 luglio 1906 n.379 (modificata dalla successiva del 14 luglio 1907 n.359) le contravvenzioni forestali erano di esclusiva competenza del Pretore sotto la qualifica di furto e contravvenzione forestale. Nelle sentenze di condanna, quindi, il più delle volte i contravventori erano chiamati anche al risarcimento di danni; ma ebbi occasione di rilevare che il Comune non si è mai curato per circa un ventennio di farsi risarcire i danni dai condannati, venendo così a rinunciare, senza giustificati motivi ad un cespite di entrata non del tutto trascurabile.

Per rimediare almeno in parte alle perdite subite dall’erario comunale per incuria degli amministratori bisognerebbe ora si desse incarico ad una apposita Commissione di fare uno spoglio di tutte le sentenze pronunciate dal Pretore (nell’ultimo decennio almeno) per contravvenzioni forestali anteriormente alla legge 19 luglio 1906 e quindi compilare un ruolo di rimborsi includendovi le persone condannate al risarcimento dei danni.

S’intende che alla Commissione stessa bisognerebbe dare facoltà di eliminare dal ruolo le ditte che risultassero effettivamente nullatenenti e di fare delle transazioni all’occorrenza per fissare la misura equitativa del risarcimento del danno. In tal modo il Comune potrebbe realizzare una discreta sommetta a vantaggio delle sue poco floride condizioni finanziarie.

A seguito della citata legge 19 giugno 1906 n. 369, l’amministrazione comunale, non essendo subito stato emanato il regolamento 2 gennaio 1908 n. 37 ritenne che i proventi delle conciliazioni per contravvenzioni forestali andassero a proprio vantaggio ed infatti, come rilevai dal bollettario degli ordini di incasso esistente nell’ufficio comunale, a tutto aprile dell’esercizio 1907 si erano introitate a tal titolo lire 211,03.

Ma proprio a seguito delle disposizioni di cui alla circolare 24 gennaio 1907 n. 10 del Ministero delle finanze (comunicata al sindaco con sottoprefettizia del 10 aprile stesso anno) i proventi delle contravvenzioni conciliate furono versati alla Ricevitoria del Registro. La stessa Prefettura con nota n. 6046 del 15 aprile 1909 invitò il sindaco a versare al Ricevitore le 211.03 lire di cui sopra indebitamente riscosse ma tale versamento non si era poi eseguito tanto che io dovetti rinnovare speciali premure al sindaco ed allo stesso tesoriere il quale mi promise che avrebbe provveduto al più presto.

 

Esattore-Tesoriere

 

Esattore-tesoriere del Comune pel decennio 1903 – 1912 è il sig.Di Pirro Giovanni il quale, è meglio subito dirlo, non è un uomo adatto per la carica che ricopre.

A lui manca la conoscenza e la pratica del servizio e gli fa difetto anche quella dote di energia occorrente per ben disimpegnare le funzioni di esattore: meglio quindi farebbe a curare la sua azienda privata e il commercio e l’industria del bestiame, cui si dedica anche adesso, per non crearsi incosciamente imbarazzi con la gestione esattoriale di cui non conosce a fondo il complicato meccanismo

   Sul suo conto è quasi generale il lamento pel ritardo nei pagamenti dei mandati emessi dall’amministrazione, anche per somme di poca entità, ed i rifiuti del tesoriere purtroppo non sono sempre giustificati da legittime ragioni.

   L’Ufficio dell’esattore-tesoriere non è un modello d’ordine: manca il registro di cassa, manca la cassaforte (prescritta dall’art.107 del Regol. per l’applicazione della legge comunale); non si conservano i verbali delle verifiche di cassa che l’amministrazione, è bene dirlo, non cura di fare sempre puntualmente allo scadere dei bimestri; sui mandati estinti non si applica il timbro con la dizione “pagato” (art. 139 Regol.Com.).

   Se qualche volta l’ufficio comunale, come ho avuto occasione di rilevare, emette mandati mancanti di qualcuna delle indicazioni prescritte dall’art. 138 del Regol. comunale, o della firma dell’assessore (art. 197 legge comunale), non è certo l’esattore che fa difficoltà per accertarli né cura poi vengano debitamente completati.

   Il bollettario delle riscossioni non è vidimato dal sindaco ai sensi dell’art. 109 del Regolamento comunale; i registri delle quietanze non si tengono distinti per anno come prescrive l’art. 12 dei Capitoli normali, e le quietanze stesse non si segnano scrupolosamente con numero d’ordine progressivo dal principio di ciascun anno fino alla completa riscossione dei ruoli pubblicati nell’anno stesso, giusta la prescrizione contenuta nell’art 13 dei Capitoli normali. Infatti nel bollettario per le tasse comunali 1909 riscontrai che il registro n.1 porta nelle bollette la numerazione progressiva dal numero 1 al 119, mentre nel registro n. 2 , che sarebbe la continuazione del primo, la numerazione ricomincia dal 101 fino al 301, in modo che si sono staccate bollette dal n. 101 al n. 119 con numero duplicato.

Per le entrate del dazio consumo che è stato sempre appaltato, si adopera un bollettario che fu iniziato nel marzo 1904 ed ho potuto anche rilevare che abitualmente l’esattore tarda a pagare la rata mensile del canone governativo, ai sensi dell’art.275 del Regol. generale daziario, tanto che più volte si dovette ricorrere alla minaccia di un sorvegliante all’esattoria. La rata pel mese di maggio 1909, ad esempio, fu pagata soltanto il 16 giugno successivo.

   Inutile dire che il tesoriere ritarda enormemente la presentazione dei conti oltre i tempi stabiliti dall’art 146 del Regol.comunale, e l’amministrazione dal canto suo se la prende con altrettanta calma nell’approvarli, tanto che non ancora si è potuto ottenere l’invio dei conti 1907 e 1908, sebbene quello del 1907 sia stato compilato mercé il mio interessamento.

   In complesso dunque il servizio di esattoria e di tesoreria non soddisfa e le lagnanze del pubblico sono fondate anche pel fatto che l’orario d’ufficio viene frequentemente trascurato dal titolare.

   La Giunta comunale con deliberazione del 10 maggio 1909 stabilì l’orario giornaliero per l’esattore (dalle 9 alle 12 e dalle15 alle 18 nei mesi estivi e dalle 13 alle 17 nel periodo invernale), ma il sig. Di Pirro ben di frequente ha occasione di allontanarsi per i suoi affari privati in modo che in ufficio è reperibile soltanto il messo il quale è a disposizione del pubblico allorché si tratta di incassare, ma viceversa non è autorizzato a far pagamenti di sorta, e di qui le lagnanze di tutti coloro che si recano all’esattoria per riscuotere mandati e spesso debbono fare un viaggio sprecato magari dalle lontane frazioni.

   Il sig. Di Pirro non è il tipo adatto per disimpegnare la carica di esattore-tesoriere, e sebbene io non voglia mettere in dubbio la sua onestà debbo però rilevare che per effetto, più che altro, della sua scarsa capacità in materia, dovuta all’ignoranza delle norme legislative e regolamentari vigenti, egli talvolta agisce con troppa leggerezza e si crea delle situazioni imbarazzanti che prestano il fianco ai commenti poco benevoli del pubblico,

E qui per chiarire meglio le cose non posso esimermi dal narrare un fatto che formò oggetto di svariati commenti nella popolazione di Borgo e che di certo non contribuì ad accrescere la stima verso il sig. Di Pirro. E veniamo al fatto .

Allorquando nei pubblici comizi dell’aprile e maggio scorso si fecero le note accuse contro l’amministrazione comunale, gli oratori nell’ultimo comizio del 23 maggio accennarono anche al fatto che il fittuario della montagna comunale di Corvaro (e con ciò si alludeva al sig. Tommaso Micangeli) non pagava nel termine stabilito la rata di fitto fissata in lire 3040 annue da sborsarsi il 30 aprile di ogni anno.

Infatti dalla verifica ordinaria di cassa del 2° bimestre eseguita l’11 maggio 1909 (allegato F) il tesoriere non si era caricato, né il sindaco pensò di farlo, le 3040 lire che al 30 aprile avrebbe dovuto sborsare l’affittuario.

Questa notizia del mancato pagamento non avrebbe dovuto uscire dall’ambito dell’ufficio comunale e diventare di pubblico dominio dando argomento agli agitatori della piazza di colpire in uno l’amministrazione comunale e l’affittuario Micangeli. Il fatto si è che l’operaio Manti, il solito tribuno dei comizi era venuto a conoscenza dei risultati della verifica di cassa dell’11 maggio e quindi accusò, fra l’altro, l’amministrazione di trascuratezza e di biasimevole tolleranza per non aver costretto l’affittuario a pagare la rata annua di lire 3040 allo scadere del termine pattuito.

Il sig. Tommaso Micangeli, che ha subaffittato ai sigg. Vulpiani di Roma la montagna in discorso, avuto sentore delle accuse che si facevano per il tardato pagamento del fitto, scrisse subito ai sig. Vulpiani per sapere se veramente non avessero versata al tesoriere la somma dovuta entro il 30 aprile ed i Vulpiani risposero (allegato G) di aver pagato metà del fitto il 2 aprile e l’altra metà a saldo il 30 di detto mese.

     All’intento di chiarire i fatti, anche nell’interesse del sig. Micangeli il quale giustamente risentiva dell’accusa mossigli ingiustamente dagli oratori del pubblico comizio, feci mandarmi dai Vulpiani le ricevute loro rilasciate dal tesoriere per confrontarle con le relative matrici.

   Il tesoriere dunque insiste nell’affermare, come risulta dalla dichiarazione scritta che mi feci da lui rilasciare (allegato H) che i fratelli Vulpiani, subaffittuari della montagna ,pagarono il 20 maggio 1909 e non prima di detta epoca le 3040 lire da loro dovute.

I Sig.ri Vulpiani invece affermano che una metà circa della rata, e precisamente lire 1440,fu versata il 2 aprile e la rimanenza a saldo in lire 1600 il 30 stesso mese.

Poste a raffronto le madri e le figlie delle bollette rilasciate con i n. 5 e 6 ai sig.ri Vulpiani (allegato I) rilevasi una palese discordanza tra le date appostevi.

Nelle figlie: alla bolletta n. 5 a mio avviso si legge,sebbene non chiaramente, la data 2 aprile anziché la sola parola Borgocollefegato come asserisce il tesoriere nella sua dichiarazione , e nella bolletta n. 6 ugualmente chiara risulta la data del 2/5, ossia due maggio 1909.

Nelle matrici invece : al n. 5 risulta evidentemente corretta posteriormente la data primitiva del 2/4 in quella del 20/5; al n. 6 si scorge la data del 20/5 (maggio) 1909 scritta con inchiostro diverso da quella apposta nella corrispondente bolletta, il che lascia supporre che nella matrice la data del 20/5 fu apposta posteriormente e forse corretta con l’aggiunta di uno zero la primitiva data del 2/5 che diventò 20/5.

   Di fronte a queste constatazioni di fatto io, nonostante le contrarie deduzioni del tesoriere, che avrei potuto meglio controllare se avessi potuto avere sott’occhio i due vaglia bancari girati al tesoriere dai signori Vulpiani, sono portato a ritenere che i pagamenti in questione furono eseguiti il 2 e il 30 aprile, come affermano i signori Vulpiani, e che il tesoriere abbia rilasciato la prima ricevuta il 2 o 4 aprile e la seconda il 2 maggio, ossia dopo ricevuto il residuo a saldo rimessogli il 30 aprile 1909.

     Le ragioni che avrebbero indotto il tesoriere a sostenere il contrario sono evidenti: nelle verifica di cassa dell’11 maggio egli asserì al sindaco di non aver ancora riscosso le lire 3040 dai signori Vulpiani per potersele caricare nella verifica del successivo bimestre e figurare cosi in credito di lire 2340, giusta i risultati del verbale, mentre in realtà egli sarebbe stato in quell’epoca debitore di lire 700. Il che in sostanza significava per il tesoriere potersi comodamente esimere da qualche pagamento con la scusante di non aver fondi in cassa.

   I mezzucci adoperati dal tesoriere col correggere le date apposte sulle matrici e convalidare così il suo asserto, che cioè il pagamento venne eseguito non prima del 20 maggio trovano la loro naturale spiegazione nel bisogno in cui egli si trovò di non comparire bugiardo di fronte al pubblico che ormai era a conoscenza delle sue assertive in aperta contraddizione con quelle dei sig.ri Vulpiani divulgate dall’altro interessato Tommaso Micangeli.

     I fatti ora esposti costituiscono grave irregolarità e forse assumerebbero la gravità del reato di falso di cui all’art.275 del codice penale, se non fossi convinto che in quella circostanza il tesoriere agì con la massima leggerezza frutto della sua imperizia ed un po’ anche sotto l’orgasmo dei commenti poco benevoli fatti sul suo conto nelle pubbliche riunioni di piazza.

Basta guardare l’annesso bollettario (allegato…) che meglio potrebbe chiamarsi informe zibaldone, per convincersi quale stoffa di tesoriere sia il Di Pirro, il quale mostra di ignorare le principali norme regolamentari sulla tenuta dei registri e delle contabilità e tira avanti così alla buona senza la piena coscienza degli inciampi cui può andare incontro e delle responsabilità che lo minacciano senza che neppure se ne avveda.

     Date queste risultanze delle verifiche fatte io sarei dell’avviso che al Di Pirro venisse applicato dall’ill.mo sig. Prefetto un’ammenda ai sensi dell’art. 27 dei Capitoli normali, in quella misura che si riterrà più equa in base alle riscontrate irregolarità, con diffida di più gravosi provvedimenti qualora perdurasse lo stato attuale di disordine nell’ufficio esattoriale di tesoreria.

Ciò dico indipendentemente dalle eventuali responsabilità che potessero ricadere sul Di Pirro per i tardati pagamenti alle ditte Martorelli,Coletti, e Petricca di cui ho già discorso e che apportarono danni al Comune responsabilità per inutili spese di liti.

 

F i n a n z e

(n. 11 dell’o.d.g.)

 

Nel n.11 dell’ordine del giorno i reclamanti domandano perché il Comune non è alla portata di conoscere a quale somma ammontano i debiti e perché si pagano gli interessi. Ho compilato quindi un elenco dei debiti esistenti alla fine del 1908 che in cifra tonda ammontano a 120.000 lire come meglio rilevasi dall’unito prospetto (allegato L) nel quale figurano dettagliatamente esposte le varie partite.

In quanto al debito di lire 5956 (di cui al n. 6 dell’elenco) per canoni telegrafici arretrati a tutto il 30 giugno 1908 debbo rilevare che a datare dal 1 luglio 1908 il Ministero ha esonerato il Comune dal canone annuo di lire 300 per la sorveglianza e manutenzione della linea telegrafica. L’amministrazione pagherà il debito per lire 4mila col ricavato del mutuo di lire 32mila, già emesso, e le rimanenti 1356,57 lire figureranno fra i residui passivi del 1908 non ancora compilati. Il Comune però chiederà al Ministero l’abbuono di tutto o di parte del residuo debito ed il sindaco spera ottenere l’intento facendo conoscere alla Superiorità le difficili condizioni in cui versa l’amministrazione.

Nell’elenco non figura un prestito di lire 5000 a breve scadenza deliberato dal Consiglio il 23 maggio 1909 perché all’estinzione di esso si farà fronte col rimborso dovuto dallo Stato per aumento di stipendio agli insegnanti, rimborso che per l’esercizio 1908 ammonta a lire 4433,50 non ancora versato dal Ministero nonostante le premure del Comune e col ricavato del ruolo dissodati 1908 non ancora approvato e posto in riscossione.

Così pure nell’elenco dei debiti non figura quello di lire 626,82 per quota trentennale spedalità romane, di cui ho parlato nell’apposito capitolo, né quello di lire 1039,17.per onorari di cause all’avv. Martelli avendo il sindaco promesso che si sarebbe pagato l’interessato con appositi storni dai capitoli che fossero per risultare in eccedenza verso la fine dell’esercizio.

 

Bilancio

Dando uno sguardo al bilancio dell’esercizio 1909 rilevasi che le entrate ammontano a lire 62991.05 con una cifra corrispondente in uscita.

La sovrimposta comunale ammonta a lire 4823,48 e la quota delegata alla Cassa depositi e prestiti è di lire 3960,91. Giova però avvertire che col nuovo prestito di lire 32000 per dismissioni debiti, già approvato, anche il resto della sovrimposta rimasta disponibile sarà delegata alla Cassa depositi e prestiti.

Nell’esercizio 1909 il pareggio si ottiene preventivando lire 3000 per la prima rata della vendita del bosco Cartora e con lo stanziamento di lire 5800,ammontare del ruolo corrispettivo dissodati comunali (…). Però su queste due entrate non credo possa farsi effettivo assegnamento.

La rendita del bosco Cartora, sebbene deliberata fin dal 23 maggio 1908 dovrà ancora andar per le lunghe.

L’ufficiale forestale incaricato della perizia non l’ha ancora presentata e prima che l’autorità competente approvi la vendita ed il Ministero dia la sua omologazione ne occorrerà del tempo in modo che non sarà possibile riscuotere subito i proventi sperati.

Così pure sull’altra entrata di lire 5800 per corrispettivo dissodati non è a far assegnamento per l’esercizio 1909 perché tarderà l’approvazione del ruolo per le ragioni già esposte nel capitolo Demani comunali.

Le tasse comunali pel bestiame, focatico, esercizio e rivendite e sui cani sono applicate in base alle tariffe riportate nell’allegato M.

La tariffa bestiame sarà modificata a seguito del nuovo regolamento provinciale, approvato con R.D. 18 aprile 1909 n. 117 , in modo che l’amministrazione potrà fare a meno di chiedere l’autorizzazione per eccedere i limiti della tariffa come si è praticato nei decorsi anni.

Per la tariffa focatico debbo rammentare che la G.P.A. nella tornata del 27 maggio 1909 decise di sospendere, in attesa della pubblicazione del nuovo regolamento provinciale,ogni provvedimento in merito alla nuova tariffa deliberata dal Consiglio il 15 aprile 1909. Detta tariffa rimessa in Prefettura il 19 maggio 1909 non risulta sia stata posteriormente approvata.

No mi risulta che vi siano lagnanze dei contribuenti per l’applicazione delle tasse comunali, devesi però raccomandare all’amministrazione di applicare con maggior rigore la tassa focatico se si vuole aumentare il gettito preventivato in lire 5000, mentre il ruolo potrebbe dare una somma molto maggiore a beneficio delle esauste finanze del Comune.

 

Residui attivi

Nella esposizione che son venuto facendo, più volte ho dovuto far rilevare che le varie amministrazioni succedutesi al potere non hanno dato prova di eccessivo zelo per tutelare gli interessi del Comune. Una nuova prova di questa trascuratezza si ha dando uno sguardo ai residui attivi riportati pel conto 1906, l’ultimo finora presentato.

Fra essi rilevo:

     1° - Debito di lire 722,16 (fondo di cassa dell’esercizio 1882) a carico del sig. De Michelis Antonio di Corvaro il quale fu tesoriere soltanto per l’esercizio 1882. Meravigliato della esistenza di questo credito chiesi schiarimenti al sindaco il quale mi fece conoscere che nel 1899 fu eseguita la coazione contro il De Michelis pel recupero del fondo di cassa a lui addebitato, ma che gli atti riuscirono infruttuosi essendo il medesimo risultato insolvibile come da analogo verbale di nullatenenza redatto dall’ufficiale giudiziario.

Poco soddisfatto di queste ragioni volli approfondire le indagini e così mi riuscì di rintracciare nel caos dell’archivio di deposito l’unita deliberazione del 2 aprile 1882 (allegato N) che merita di essere illustrata.

Con detta deliberazione presa in adunanza ed a votazione segreta, il Consiglio deliberò:” di assumere a sé la cauzione che sarebbesi dovuta prestare dal tesoriere De Michelis e ciò per il solo esercizio 1882, come dall’atto di nomina” e l’atto venne approvato dal sottoprefetto del tempo il 22 maggio 1882 col seguente visto:”Visto, salvo la responsabilità personale dei signori consiglieri deliberanti.” Essendo riuscita infruttuosa la procedura coattiva contro il tesoriere De Michelis, tuttora vivente, è chiaro che i consiglieri avrebbero dovuto rimborsare del proprio le 722,16 lire delle quali era rimasto in debito il tesoriere. Invece per lo spazio di 27 anni nessuno si è curato di chiamare in causa i consiglieri sebbene essi si fossero in modo molto esplicito dichiarati cauzionanti del tesoriere.

Spetterà ora all’attuale amministrazione di adottare gli opportuni provvedimenti pel recupero del deficit di cassa lasciato dall’ex tesoriere De Michelis del quale dovranno rispondere in solido i consiglieri intervenuti all’adunanza del 23 aprile 1882 fra cui sono tuttora viventi: Canoni Emilio, Antonini Vincenzo,Chiavelli Latino, Franchi Francesco e Santori Francesco.

2° - Debito di lire 1850,20 (fondo di cassa esercizio 1992) a carico dell’esattore Chichiarelli Flaviano.

Tale debito è garantito dalla cauzione prestata dal Chichiarelli che tenne l’appalto della tesoreria pel quinquennio 1888 – 1892 consorziale con Pescorocchiano.

L’amministrazione comunale non si è ancora decisa ad espropriare la cauzione prestata perché è necessario agire d’accordo col Comune di Pescorocchiano, anch’esso creditore del Chichiarelli, e le due amministrazioni non si sono ancora intese al riguardo. Ma ora è tempo di definire anche questa pendenza e bisognerà sollecitare la vendita della cauzione perché possa reintegrarsi il fondo di cassa.

3° - Debito di lire 1748,50 (fondo di cassa esercizio 1902) a carico dell’esattore Morelli Antonio.

Il Morelli però possiede due mandati per lire 354,75 significatigli dal Consiglio di Prefettura nel decreto d’approvazione del conto 1902 perché irregolari nella forma, che sono stati riprodotti col conto 1905 testé approvato. Egli possiede inoltre un mandato di lire 851 per rimborso quote indebite ed un altro di lire 75 per stipendio al segretario Tiberi (riportati fra i residui passivi del conto 1906) in modo che il suo debito sarà in gran parte ridotto.

E’ ad ogni modo necessario che l’amministrazione s’interessi di liquidare ogni conteggio col suo ex tesoriere Morelli e si faccia rimborsare delle somme di cui egli risulterà debitore.

 

Residui passivi

Fra i residui passivi figuranti nel conto 1906 trovo fra gli altri riportata la somma di lire 187,15 per soccorso ai danneggiati del terremoto dell’anno 1904 e ne faccio parola per dimostrare a qual punto di trascuratezza possano talvolta giungere le amministrazioni di certi Comuni.

Nell’anno 1904, a seguito dei danni prodotti da un terremoto, il Ministero dell’interno elargì un sussidio di lire 300, la Provincia altre 100 e non mancò nemmeno l’obolo di S.M. il Re che inviò lire 150 a sollievo dei poveri danneggiati, cui bisogna aggiungere altre lire 87,20 rimesse dal Grande Oriente della Massoneria.

Orbene i soccorsi inviati da S. Maestà e dal Ministero, in tutto lire 450 furono distribuiti ai danneggiati poveri di cui fu compilato un elenco che tuttora esiste; non così le altre 187,20 lire elargite dalla Provincia e dalla Massoneria le quali figurano e si riportano fra i residui passivi dei conti consuntivi a somma lode degli amministratori i quali attendono forse le vibrazioni sismiche di un altro terremoto per decidersi ad erogare il fondo rimasto che, per sacrosanto dovere, si sarebbe dovuto subito distribuire a sollievo dei poveri danneggiati.

 

                                                                                    

Piano regolatore

 

Prima di passare a trattare delle condizioni e dei bisogni delle frazioni debbo far cenno di un altro inconveniente rilevato nel capoluogo.

L’ufficio di Delegazione stradale di Avezzano fin dal 1893 approntò un progetto di sistemazione della strada interna che congiunge quella di Ville alla provinciale attraverso l’abitato di Borgocollefegato. Giusta il progetto si sarebbero dovute abbassare tutte le porte delle case prospicienti la detta strada e di conseguenza furono dall’amministrazione pagate ai proprietari le rispettive indennità. Tutti i proprietari eseguirono i lavori prescritti ad eccezione di tre che malgrado avessero percepito l’indennizzo loro assegnato non si sono mai curati di sbassare gli ingressi delle loro abitazioni in modo che attualmente ingombrano la strada con gradini di pietra. Le ditte inadempienti sarebbero: gli eredi di Giovanni Salvatore, che percepirono lire 400, Damiarosa Salvatore che ebbe lire 283,19 e Proia Luigi indennizzato con lire 160.

Chieste spiegazioni al sindaco perché si tollerasse un tale abuso, egli si giustificò col dire che avendo l’amministrazione in animo di riattare la strada in parola si dovrà probabilmente rialzarne il livello e quindi si è creduto opportuno temporeggiare fino a che i lavori saranno compiuti onde dar modo ai frontisti di costruire le porte d’ingresso alle abitazioni allo stesso livello del piano stradale.

Speriamo che ciò si effettui perché diversamente bisognerebbe dire che i predetti proprietari hanno percepito una indennità in premio dell’ingombro che deturpa la strada.

L’amministrazione dovrà pure provvedere a far rilasciare una piccola zona stradale nell’interno dell’abitato abusivamente occupata e recinta da siepe da Angelini Giuseppe e ciò non tanto pel valore dell’area usurpata ma per impedire abusi che ove rimanessero impuniti creerebbero una folla di imitatori.

 

Frazioni del Comune

 

La popolazione di Borgocollefegato è distribuita, come è noto, in 17 frazioni ed un tale stato di cose accresce naturalmente il disagio finanziario dell’amministrazione la quale si trova a dover provvedere ai molteplici bisogni di tanti separati centri abitati pur non avendo le adeguate risorse per soddisfare i legittimi desideri di tutti.

Da qui doglianze e reclami continui presso gli uffici, pressioni e malumore verso l’amministrazione la quale ben di sovente non fa o non è in grado di adottare le necessarie misure per accontentare le aspirazioni dei reclamanti

 

Corvaro e S. Stefano.

A Corvaro, la più importante delle frazioni, cui è aggregato il villaggio di S.Stefano, e molto più popolosa dello stesso capoluogo, si è venuta da tempo formando tale una corrente di protesta verso l’amministrazione che, come dirò appresso, gli elettori hanno deciso di ottenere la separazione del patrimonio e delle spese dal capoluogo

   I Corvaresi lamentano l’abbandono in cui sempre vennero lasciati dalle varie amministrazioni succedutesi al potere le quali solo ebbero cura di spendere le maggiori somme del bilancio a vantaggio del capoluogo, senza tener conto che le rendite patrimoniali della frazione ed il contributo dei frazionisti soggetti a tasse danno all’erario comunale un introito importante tanto da dar loro diritto ad un ben diverso trattamento da parte dell’amministrazione.

Ed in verità non mi sembra che le lagnanze siano infondate. A Corvaro le vie interne, e l’ho constatato de visu, sono addirittura impraticabili non soltanto per lo stato in cui è ridotta la pavimentazione di esse, ma benanco per le immondizie d’ogni sorta che impunemente vi si lasciano accumulare.

   Le fontane, tre in tutto, situate alla base, al centro e al sommo del paese, che è fabbricato sul pendio di una collina, hanno bisogno, essendo due di esse quasi totalmente ostruite, di importanti riparazioni invano più volte reclamate.

     Si lamenta la mancanza del medico, della levatrice, della illuminazione pubblica che non esiste affatto; si chiede la riattazione della strada che mena al capoluogo, il completamento della via Diritta, già tracciata ma non finita, che sbocca sulla provinciale ed abbrevierebbe sensibilmente il percorso per Avezzano; si vuole una guardia campestre sul posto per la vigilanza dei boschi; si chiede un maggior assegno di zona boschiva pel pascolo delle capre; si fanno insomma tali e tante recriminazioni d’ogni sorta, specialmente in riguardo alla sproporzione fra il contributo che dà la frazione ed il nessun vantaggio che riceve, che mi son formato il convincimento che nulla varrà a rabbonire il sentimento, ormai generale, di ostilità verso il capoluogo all’infuori del desiderato provvedimento di separazione.

In merito alla istanza di separazione avanzata da Corvaro e dall’annesso villaggio di S.Stefano, è opportuno notare che la manifestazione di un tale desiderio rimonta a molti anni orsono.

Nel 1881, tanto la frazione Corvaro che quella di S.Anatolia (costituenti prima del 1811, come le altre frazioni del Comune, altrettante Università con amministrazione e demanio propri) avanzarono istanza per separazione di patrimonio, istanza che venne però respinta dal Consiglio comunale con deliberazione del 4 settembre di detto anno.

Nel 1901 la frazione Corvaro riprodusse da sola la istanza in parola ed il Consiglio comunale in seduta 19 novembre stesso anno non ritenendo opportuna la separazione respingeva nuovamente l’istanza nella considerazione anche che non si erano prodotti I titoli occorrenti per documentare le ragioni addotte.

Da quell’epoca sempre ha regnato nella frazione Corvaro un certo dissenso col capoluogo e mai in quei naturali è venuta meno l’aspirazione di tener separati il patrimonio e le spese. In questi ultimi tempi il malcontento è acuito ed una prova manifesta dei loro sentimenti separatisti i Corvaresi vollero dare astenendosi dal prendere parte alla elezioni suppletorie fissate il 2 agosto 1908 per la surrogazione di tre consiglieri della frazione decaduti perché in lite vertente col Comune.

La causa occasionale di quella improvvisa levata di scudi fu la soppressione della condotta medica nella frazione S. Stefano, ma la causa vera fu il malcontento, sapientemente forse aizzato da qualche interessato, contro l’amministrazione cui si volle fare un pubblico atto di protesta per l’abbandono in cui lasciavasi la più importante delle frazioni.

Alla diserzione delle urne seguirono il 23 agosto 1908 le dimissioni di altri due consiglieri, in modo che da quell’epoca, essendo 3 i consiglieri decaduti e 2 dimissionari dei 6 assegnati alla frazione, un solo consigliere è rimasto a rappresentare l’importante gruppo di Corvaro e S. Stefano

Giusta il disposto dell’art. 272 della legge comunale, avendo la frazione perduto cinque dei sei consiglieri assegnati, si sarebbe dovuto provvedere alle elezioni suppletorie, ma non si ritenne opportuno di ritentare la prova indicendo le nuove elezioni perché, come assicurava il sindaco in quell’epoca e come meglio mi son potuto convincere io conferendo coi maggiorenti del paese, a Corvaro, come pure a S.Stefano, sono ormai decisi; avvenga che può, a disertare le urne fino a tanto che non verrà accordata la invocata separazione.

   Per quanto mi adoperassi in tutti i modi a persuadere quei cittadini che la loro insistenza nel disertare le urne ormai non avesse più ragion d’essere, dal momento che la loro protesta aveva sortito un primo effetto, quello cioè di richiamare l’attenzione delle Autorità Superiori sulle loro disagiate condizioni, e che non sarebbe stato d’ausilio, ma anzi di possibile intralcio al buon esito della loro istanza di separazione, il contegno assunto dalla popolazione quasi ribelle alle prescrizioni di legge, nulla poterono su quegli animi eccitati le esortazioni e gli argomenti persuasivi da me addotti.

   Il contegno risoluto di questa popolazione e la difficoltà da parte dell’amministrazione di soddisfare le numerose pretese, hanno indotto quest’ultima a considerare come più opportuno espediente quello di assecondare la domanda di separazione anziché di respingerla come pel passato, ed infatti il Consiglio nella seduta del 23 maggio u.s. deliberando sull’istanza presentata dai frazionisti di Corvaro e S.Stefano ha dato parere favorevole per la chiesta separazione.

   Il Consiglio nel prendere una tale decisione ha tenuto presente che a seguito della separazione il bilancio verrebbe a risentire una perdita di circa duemila lire annue, a tale somma ammontando la differenza fra le entrate di cui dispongono le frazioni (circa 14 mila lire) e le spese che annualmente vengono erogate per le esigenze delle frazioni stesse, ma pur di troncare una buona volta le cause di vecchi malumori e delle nuove agitazioni gli amministratori hanno preferito accogliere la domanda di separazione, unica soluzione che potrà tacitare gli animi dei reclamanti ai quali non sarebbe certo agevole cosa, nelle attuali contingenze,far concessione di tutte le accampate richieste.

La frazione Corvaro, con l’aggregato villaggio S.Stefano, stando alle affermazioni del sindaco e degli stessi frazionisti, si trova nella possibilità di poter provvedere a tutti i suoi bisogni e quindi in linea di massima ritengo che possa effettuarsi la chiesta separazione;sarà poi questione in sede di riparto lo stabilire quali entrate patrimoniali spettino alla frazione e quali passività debbano rimanere a carico degli istanti i quali col fatto della separazione non potranno pretendere di essere esonerati dal contribuire alle spese generali del Comune.

Questa del riparto non è certo una questione di facile soluzione,e quindi ritarderà l’attuazione della progettata separazione, ma io son convinto che a questa conclusione bisognerà pur venirci se si vorrà restituire in calma una popolazione di circa duemila frazionisti (il terzo quasi della popolazione dell’intero Comune) che ormai sono fermamente decisi a veder soddisfatta la loro antica aspirazione di amministrare per proprio conto i beni di cui dispongono e provvedere da soli alle loro esigenze.

D’altra parte il Comune se perderà con ciò qualche cespite d’entrata, guadagnerà grandemente in pace e tranquillità, riacquistando l’amministrazione il suo normale funzionamento turbato

 

Torano

Altra importante frazione del Comune è quella di Torano ed anche lì serpeggia malcontento contro l’amministrazione per la mancanza dell’acqua potabile. A Torano, come potei constatare di persona, l’unica antica fonte esistente è, nel periodo di magra, totalmente sprovvista di acqua e quella poca che viene nelle altre stagioni è certamente malsana. Occorre quindi provvedere per non attendere che anche a Torano, come a Corvaro, il malcontento si acuisca in modo da provocare inconvenienti e seri grattacapi al Comune.

   Un progetto per la condotta dell’acqua, da servire per Torano e S. Anatolia fu compilato nel 1906 dall’ing. Inverardi ed approvato dal Genio civile e dal Consiglio provinciale sanitario nel gennaio 1907. L’ammontare della spesa risulta preventivato in lire 55mila

Sul capitolato d’appalto, annesso al progetto, l’Ufficio del Genio civile propose delle modifiche (v. Prefettizia 18.1,1909 n. 28464 e 9597 dell’11.5.1909) ed il Consiglio comunale con deliberazione 23 maggio 1909, approvata dal sig. Prefetto il 2 luglio 1909 n.14056, stabilì di apportare al capitolato le volute modifiche e di appaltare mediante asta pubblica il lavoro, revocando così i precedenti deliberati (già respinti dalla prefettura) circa l’appalto mediante licitazione privata.

   Gli atti sono dunque al completo per la parte tecnica ed anche in linea amministrativa si è esaurita la procedura per addivenire alla apertura delle aste. Manca ora da provvedere alla parte più sostanziale ossia ai mezzi finanziari occorrenti per l’esecuzione dell’opera ed in ciò l’amministrazione si è mostrata manchevole perché non ha fatto procedere di pari passo con l’allestimento del progetto la istruttoria della domanda di mutuo.

   Il Consiglio comunale nella tornata del 10 febbraio e 10 aprile 1907 deliberò in doppia lettura la contrattazione di un prestito per l’acquedotto in parola, ma tali deliberati non furono mai rimessi alla approvazione forse perché in quel torno di tempo l’amministrazione stava trattando con la Cassa depositi e prestiti urgenti operazioni finanziarie quali: la contrattazione di un mutuo di lire 32mila per dimissione di debiti, la trasformazione (in esecuzione alla legge 16 giugno 1907 n.336) del prestito di lire 50mila per l’acquedotto, concesso con R.D. 29 marzo 1903, e la trasformazione del prestito di lire 8.840,37 concesso con R.D. 27 giugno 1997.

     A seguito di queste operazioni il Comune si è trovato a non aver più la quota di sovraimposta disponibile per l’ammortamento del nuovo debito di lire 55mila occorrente per la costruzione dell’acquedotto di Torano e S. Anatolia e quindi, a seguito delle premure fatte, il Consiglio si decise a deliberare il mutuo in parola stabilendo che le quote di ammortamento, in mancanza di sovraimposta disponibile, sarebbero state garantite con delegazioni sulle entrate del dazio consumo. Tale decisione presa dal Consiglio in prima lettura nella tornata del 13 luglio u.s., venne confermata in seconda lettura il 14 settembre u.s., però la pratica non ha finora avuto l’ulteriore percorso non avendo ancora il Comune prodotto i documenti richiesti da quell’ufficio, giusta le disposizioni contenute nel Regolamento approvato con R.D. 5 luglio 1908 n.471 e nella legge 5 settembre 1907 n.751, per la parte riguardante il concorso dello Stato richiesto dal Comune.

E’ quindi da augurarsi che le premure fatte al sindaco sortiscano il desiderato effetto e si possa alla fine attuare il progetto di conduttura che sommamente interessa la importante frazione Torano la quale più delle altre ha bisogno di una buona acqua potabile.

   Nel contempo l’amministrazione dovrà, essendosi scoperta una nuova sorgente vicino all’abitato di S. Anatolia, far eseguire l’analisi delle acque e studiare se non sia il caso, come sembra conveniente, di utilizzare per la detta frazione la sorgente, servendosi invece dell’attuale fontana di S. Anatolia posta a valle del paese per alimentare la conduttura di Torano.

 

Vertenza col comune di Sante Marie per delimitazione di confini.

I frazionisti di Torano, oltre la soluzione del problema dell’acqua attendono anche la definizione d’una annosa vertenza col comune di Sante Marie, comune appartenente al circondario di Avezzano.

   Da oltre venti anni tra la frazione Torano e la limitrofa frazione di S. Stefano, appartenente al Comune di Sante Marie, si agita una questione pel pascolo della montagna detta di Torano, montagna che segna i confini del territorio dei due paesi; e nel passato si ebbero a deplorare gravi conflitti fra le popolazioni contendenti.

   Per dirimere la controversia furono incaricati i periti demaniali Sig. Giustini Gregorio , pel Comune di Borgocollefegato, ed il sig.Fiori, pel Comune di Sante Marie,onde accertare la linea di confinazione fra i due territori, ed essi fin dall’anno 1890 presentarono la relazione sugli accertamenti compiuti.

   Dell’ulteriore corso della pratica non trovai traccia nell’archivio comunale, però dalle informazioni fornitemi dal Segretario comunale sig. Tiberi risulterebbe che le relazioni dei due periti Giustini e Fiori furono discordi sulla identifica di alcune contrade tanto che la controversia, nonostante gli studi e rilievi fatti dai periti, rimase allo statu quo. Si giunse così fino all’anno 1904 epoca in cui volendo il sig. Prefetto sollecitare una soluzione della vertenza diede incarico all’ing. Sig.Chiarizia Giuseppe di dirimere, quale arbitro, le divergenze risultanti dalle due relazioni Fiori e Giustini.

L’ing. Chiarizia per disimpegnare l’incarico eseguì un sopraluogo sulla montagna ed un altro avrebbe dovuto effettuare nell’ottobre 1907, come risulta da una sua lettera del 9 settembre 1907 diretta al sindaco (l’unica corrispondenza che rimane circa questo affare), ma in effetti l’ingegnere non si mosse perché l’amministrazione comunale non versò la somma di lire 100 chieste dall’ingegnere in anticipo per le spese di accesso. In proposito anzi debbo rilevare, a biasimo dell’amministrazione e del tesoriere, che un mandato per tal titolo di L. 100 fu emesso fin dal dicembre 1904 ma non venne mai estinto nonostante che l’ingegnere Chiarizia vi avesse apposto la firma di quietanza.

Non mancai quindi di fare al sindaco le mie rimostranze pel poco interessamento mostrato dall’amministrazione in questa vertenza che interessa fortemente i frazionisti di Torano ed ebbi assicurazioni che si sarebbero riattivate le pratiche con l’ingegnere perché egli possa sollecitare l’espletamento dell’incarico avuto.

 

Poggiovalle

I frazionisti di Poggiovalle reclamano per la strada, per la fontana e per la costruzione di un ponte sul fiume Salto,

   In quanto alla sistemazione della strada e al riatto della fontana, sebbene l’amministrazione abbia riconosciuto la fondatezza dei reclami, non ha potuto ancora provvedere adeguatamente per la mancanza dei fondi occorrenti.

   Il lavoro più urgente di tutti è però quello della costruzione di un ponte sul Salto che i frazionisti debbono attraversare per recarsi al capoluogo e alle altre frazioni.

   Il Consiglio comunale con deliberazione del 24 giugno 1906 n. 39 approvò in linea di massima la costruzione di un ponte economico, da servire per il solo passaggio delle persone e delle bestie da soma e diede incarico al sindaco di far eseguire un progetto da persona competente.

Il progetto fu redatto dal muratore Gentile e la spesa prevista ammonta alla cifra di L. 2864,84. Ma l’amministrazione comunale cullandosi nella rosea speranza di una prossima linea ferroviaria Avezzano – Rieti che seguendo la vallata del Salto dovrebbe passare appunto nei pressi della frazione Poggiovalle, ha temporeggiato sempre in attesa che si concretizzasse la costruzione del ventilato tronco ferroviario, nella fiducia che Poggiovalle potesse diventare una stazione ferroviaria, nel qual caso anziché un semplice ponticello economico per pedoni si dovrebbe costruire un ponte transitabile anche dai veicoli.

Nella più favorevole delle ipotesi è indubitato che altri anni dovranno passare prima che il fischio della vaporiera desti gli echi tranquilli della vallata del Salto e non è certo possibile, per un periodo di tempo forse ancora lungo, che i frazionisti di Poggiovalle continuino a rimanere segregati quasi dal genere umano dalle acque del Salto che se sono guadabili nel periodo di magra, ingrossano invece nella cattiva stagione e costringono i frazionisti a rimanere forzatamente isolati dai vicini paesi.

Il sindaco e gli altri amministratori coi quali ebbi occasione di parlare su questo argomento, riconobbero la necessità di addivenire alla costruzione del progettato ponte economico e si attende ora che il progetto sia almeno riveduto da un ingegnere laureato non essendo consentito, per un lavoro di una certa importanza, accontentarsi della perizia compilata dal muratore Gentile.

 

Vertenza con Ville per pascolo della montagna

Fra i naturali di Poggiovalle e quelli della limitrofa frazione di Villecollefegato si agita attualmente una questione pel diritto di pascolo nella montagna Monte S.Angelo in contrada Cristolfo (?)

Circa le origini e le fasi della vertenza fu già riferito all’Ill.mo Sig.Prefetto con la Sottoprefettizia n.2817 dell’8 luglio u.s. Non mi resta quindi che riportare qui il contenuto della citata lettera avvertendo che gli allegati cui si accenna trovansi in Prefettura : “i naturali di Poggiovalle adunque fin dal 1907 mossero lagnanze all’amministrazione comunale reclamando la esclusione dei frazionisti di Villle dall’uso del pascolo nella montagna suddetta”.

Il sindaco del tempo Sig. Felli Ottavio si occupò della vertenza ed esiste negli atti del Comune un verbale in data 29 giugno 1907 nel quale sono riportate le dichiarazioni di varie persone, tutte di avanzata età e disinteressate nella questione, le quali attestano che il pascolo della montagna di Poggiovalle fu ab antiquo sempre esercitato promiscuamente dai naturali di Ville con quelli di Poggiovalle senza che questi ultimi avessero mai mosso lagnanze di sorta.

La vertenza rimasta sopita fino al giugno 1908, epoca in cui, come risulta dalla prefettizia n.352 D.C. del 25 giugno 1908, fu presentato un nuovo reclamo dai frazionisti di Poggiovalle per l’esercizio abusivo nel loro territorio degli usi civici di erbaggio e legnatico da parte dei naturali di Ville.

   L’attuale sindaco Sig. Antonini, a seguito delle speciali premure rinnovate dall’Ufficio di Sottoprefettura in occasione del nuovo reclamo, tentò di conciliare bonariamente la vertenza ed il giorno 31 maggio 1909 fece un accesso sulla montagna proponendo ai reclamanti che fosse consentito il compascolo ai naturali di Ville nelle località site nel versante della montagna verso la frazione Grotti e propriamente fino al punto denominato la “Madonnella”.

   Anche queste trattative, come risulta dal verbale, 2 giugno u.s. (rimesso in Prefettura con la citata nota 2817 dell’8 luglio 1909) non approdarono a nulla, essendosi i rappresentanti di Poggiovalle decisamente rifiutati di riconoscere qualsiasi diritto di uso civico da parte dei naturali di Ville.

   Le pratiche per un pacifico componimento furono da me riprese durante la mia dimora nel Comune, ma non mi fu possibile di convincere i Poggiovallesi i quali si ostinano a negare qualsiasi concessione facendosi forti dei diritti loro riconosciuti dall’Ufficio di Prefettura con la lettera n.565 del 7 settembre 1908.

   A loro volta i naturali di Ville in data 18 giugno u.s. rivolsero al sindaco un contro reclamo portante la firma di 84 cittadini col quale contro il divieto che ad essi si vorrebbe imporre ed insistono che sia loro mantenuto l’antico diritto al compascolo anche nella parte montuosa del territorio di Poggiovalle, ossia della zona che il sindaco, per troncare ogni dissidio, avrebbe voluto assegnare ad uso esclusivo dei Poggiovallesi.

     In tale stato di cose, non essendo di mia competenza il poter decidere sulla controversia ed interessandomi che fosse allontanato il timore di possibili conflitti, tanto più facili in quanto gli abitanti di Poggiovalle sono costretti continuamente ad attraversare l’abitato di Ville per recarsi al capoluogo ed alla strada provinciale, feci il possibile coadiuvato in ciò efficacemente dal sindaco che risiede a Ville ed è uno dei principali proprietari di bestiame, per ottenere dai cittadini di Ville che si astenessero di estendersi con i loro bestiami fino all’altipiano sovrastante la montagna dove esistono alcuni stagni per beveraggio che nella stagione estiva costituiscono, data la mancanza di sorgenti, l’unica risorsa per dissetare gli animali.

Per questa volta si son potuti evitare spiacevoli incidenti tra le due popolazioni ma non è improbabile che nel futuro la questione possa inasprirsi ed è quindi necessario venire ad una soluzione la quale è tutt’altro che agevole non essendo possibile, come ha riconosciuto la stessa Prefettura risolverla in via amministrativa con una decisione che non avrebbe valore giuridico né forza coattiva fra le parti.

I reclamanti quindi potranno far valere le loro ragioni in sede contenziosa dinanzi al R. Commissario Ripartitore ed in tal senso si sono date istruzioni al sindaco il quale, è doveroso ripeterlo, ha molto influito personalmente per tenere a freno i suoi paesani di Ville che non intendono sottostare alle pretese accampate dai Poggiovallesi.

 

Pagliara

I frazionisti di Pagliara reclamano la costruzione della strada che li congiunga alla provinciale, lontana appena mezzo chilometro dall’abitato e chiedono che venga restaurata la fontana, il lavatoio e l’abbeveratoio. Per il Cimitero ho già riferito più avanti.

 

Spedino

Anche a Spedino manca la strada e naturalmente quei frazionisti insistono perché il Comune provveda. Altrettanto dicasi per la fontana che ha bisogno di restauri nell’ultima parte della conduttura che si è guastata.

Alcuni frazionisti mi fecero pure lagnanze per il pessimo funzionamento del servizio postale affermando che il portalettere incaricato della distribuzione della corrispondenza, un tal Bughetti Francesco, ben di frequente, anziché recarsi di persona a recapitare le lettere ne affidava l’incarico

a terze persone o tardava di qualche giorno la consegna.

Risultandomi fondate le lagnanze ne riferii alla Direzione delle Poste in Aquila che ritengo avrà provveduto per eliminare l’inconveniente.

 

 

Riepilogo e proposte

 

Da quanto son venuto esponendo risulta che l’attuale amministrazione comunale di Borgocollefegato si è mostrata fiacca e sovente trascurata di fronte alle necessità presenti e ai gravi problemi avuti in retaggio dalla precedente gestione cui debbono farsi risalire molte delle irregolarità e responsabilità nella relazione accennate. Malgrado tutto però debbo ad onor del vero dichiarare che se l’attuale amministrazione si mostrò manchevole in molte circostanze nulla di disonesto,né nelle azioni né nelle intenzioni, potei riscontrare, e di ciò intendo tributare encomio specialmente all’attuale sindaco Sig. Antonini Ermenelgido, il quale mette tutta la sua buona volontà ed il più scrupoloso disinteresse nell’esercizio dell’onorifica carica.

 

 

gildo

 

 

 Ermenelgildo Antonini, sindaco di Borgocollefegato

 

 

 Ubi desint vires tamen laudanda voluntas, ed una lode è meritata dal sindaco Antonini, sebbene non abbia risparmiato all’amministrazione, di cui egli è a capo dal 22 marzo 1908, il rimprovero di fiacchezza e di trascuraggine. Ed è proprio così, ove si pensi che all’attuale sindaco un grave compito incombe, quello cioè di sistemare le numerose ed annose sentenze avute in retaggio, far fronte agli urgenti bisogni risentiti dal capoluogo e dalle frazioni e tutto ciò in mezzo al vivo malcontento diffuso nella popolazione con la opposizione,prima sorda, poi manifesta e sempre tenace di parecchi avversari, senza una maggioranza compatta ed attiva, senza risorse finanziarie e con un bilancio esausto dagli impegni per pagamento di vecchi debiti e che non offre alcuna elasticità per provvedere, almeno in parte, alle tante necessità.

     Ho già accennato ai vari disagi del Comune, ai servizi pubblici più deficienti, alle importanti questioni che tengono nell’imbarazzo l’amministrazione e alle varie partite di credito trascurate finora e che potranno dare un utile non indifferente alle finanze del Comune; non istarò quindi a ripetermi riepilogando i singoli argomenti.

Vengo dunque senz’altro alla conclusione esponendo le mie proposte sui provvedimenti che ritengo più adatti per ottenere il riordinamento dell’amministrazione.

   La conoscenza delle persone e dell’ambiente mi induce ad escludere senz’altro la proposta di scioglimento del Consiglio. Un tale provvedimento sarebbe a mio avviso eccessivo o perlomeno intempestivo per le ragioni che ora dirò.

   Ho già accennato che il mal contento della popolazione, astrazion fatta della frazione Corvaro la quale mira al suo esclusivo obiettivo di separarsi dal capoluogo, è giustificato dai molti bisogni insoddisfatti, ma è pure artificialmente tenuto desto ed aggravato dalle mene di qualche aspirante al potere che, come dissi al principio della mia relazione, tenta tutti i mezzi per raggiungere l’intento.

   La pacificazione degli animi è dunque il primo fine da raggiungere se si vuole sperare dall’amministrazione lo svolgimento di un’azione proficua per la graduale sistemazione della civica azienda; e questo fine potrà raggiungersi senza ricorrere allo scioglimento del Consiglio il quale verrebbe poi ricostituito, come è facile supporre, in gran parte delle stesse persone che attualmente lo compongono, stante la deficienza di elementi che non permetterebbe agli elettori di spaziare nella scelta ab imis persone e programmi.

     Il fatto, secondo me, di cui bisogna tener conto nelle attuali circostanze è il dualismo accentuatosi negli ultimi anni fra il capoluogo e la frazione Ville per la prevalenza di questa nel Consiglio comunale, il che toglie al capoluogo quell’ambita egemonia che vorrebbe avere di fronte specialmente alla detta frazione la quale sebbene molto meno importante del centrale riesce tuttavia ad avere tre rappresentanti al Consiglio mentre il capoluogo non ne ha che due.

     Infatti nell’attuale riparto (fissato dalla G.P.A. nella tornata del 26 maggio 1898 ) le frazioni sono divise in sei gruppi per la elezione dei consiglieri (vedasi allegato O) ed il primo gruppo, di cui fanno parte il capoluogo, Ville, Poggiovalle e Collefegato, elegge con un ‘unica urna cinque consiglieri dei 20 assegnati al Comune.

     Borgocollefegato dispone di 76 elettori e le altre frazioni (del gruppo) ne hanno 64 in complesso; potrebbero quindi gli elettori del centrale ottenere una prevalenza nelle elezioni e far risultare almeno tre consiglieri del capoluogo sui cinque assegnati al gruppo. Ma in realtà ciò non avviene perché mentre gli elettori del capoluogo sono abitualmente discordi sui loro candidati, quelli delle frazioni sono nelle votazioni sicuramente compatti sui nomi dei tre maggiorenti di Ville.

   Questo stato di cose non dovrebbe costituire un fatto di eccezionale importanza, in effetti però costituisce il perno della discordia ed in sé contiene il germe più profondo del malcontento che dal centro dirama le sue propaggini alle lontane frazioni.

     E’ di fatto innegabile, e d’altro canto è spiegabile, che il capoluogo vede di mal occhio questa prevalenza della frazione Ville nella rappresentanza al Consiglio e considera come una vera e dannosa diminutio capitis la sua posizione di fronte alla predominante influenza di Ville.

   Aggiungasi che nel capoluogo risiedono l’avv. Morelli Giovanni, il consigliere Rapetti Lazzaro e l’operaio Manti, i principali se non addirittura gli unici promotori delle note agitazioni ed oppositori del sindaco.

     E’ quindi da ritenere che ove fosse effettuato lo sdoppiamento del 1° gruppo di frazioni si darebbe la possibilità al capoluogo di tre consiglieri troncando così i pericolosi effetti del dualismo con Ville, ed in tal modo potrebbero inoltre appagarsi le ambizioni di qualche aspirante al consiglierato che cerca di mantenere desto il movimento di agitazione per provocare crisi a proprio vantaggio.

Col nuovo riparto   anziché sei gruppi di frazioni se ne avrebbero sette e dei quattro paesi costituenti il 1° gruppo se ne farebbero due: Borgocollefegato con Collefegato e Villecollefegato con Poggiovalle.

   Gli altri gruppi rimarrebbero composti come lo sono attualmente , solo che al gruppo di Corvaro e S.Stefano, cui sono assegnati sei consiglieri, dovrebbe togliersene uno per aggiungerlo all’altro gruppo Castelmenardo, Pagliara etc. che ha due soli consiglieri, mentre gliene spetterebbero tre in proporzione della popolazione come meglio rilevasi dall’unito prospetto (allegato P).

   Data in tal modo al capoluogo la possibilità di sottrarsi alla prevalenza di Ville ed assicurata al centrale una rappresentanza di tre consiglieri, sarebbe agevole soddisfare le mire ambiziose dell’avvocato Morelli se non pure dell’operaio Manti e del Rapetti (che ci tiene ad essere rappresentante del capoluogo) ed allora si acquieterebbero facilmente le agitazioni destate per opera dei predetti, tanto più che entrando il Morelli a far parte dell’amministrazione diverrà sicuramente il capo e potrà infondere una nuova vita al corpo amministrativo iniziando un’era di feconda attività restauratrice. Non dico con ciò che l’avvento del Morelli al potere potrà portare la piena concordia negli animi, ma ritengo che svanirebbe la possibilità di nuove agitazioni della piazza, sempre però che fosse assecondata l’antica aspirazione della frazione Corvaro per la separazione dal capoluogo.

     Ed una volta che fosse rientrata un po’ di calma negli animi l’amministrazione potrebbe accingersi ad un proficuo lavoro di restaurazione sistemando il passato e provvedendo utilmente per l’avvenire.

   Nel periodo più acuto delle agitazioni si era creata in Borgocollefegato una fosca atmosfera di sospetti e di accuse che tutto avvolgeva annebbiando uomini e cose.

   Più di uno del paese mi accennò alla necessità di far riesaminare da un commissario ragioniere i conti dell’ultimo trentennio per assodare sospettate irregolarità di passati amministratori. Ma un tale improbo lavoro io non ritengo necessario né praticamente utile e nemmeno opportuno perché servirebbe, più che altro, durante il non breve periodo della revisione, a tener desti i reciproci sospetti fra le parti avversarie che hanno invece bisogno di gettar acqua fuoco per sedare il lamentato eccitamento degli animi che disgrega e disperde le forze in lotte sterili oltre che dannose, mentre la pace, la concordia degli intenti e la riunione delle energie fattive ed operose attende il povero Comune per risorgere moralmente e materialmente dopo un lungo periodo di intestine discordie.

Io ho fiducia che a tale intento dirigerà i suoi sforzi e le sue giovanili energie l’avvocato Giovanni Morelli dopo che sarà diventato il capo dell’amministrazione, e mi auguro che i fatti siano per dare conferma alle mie ottimistiche ma non infondate previsioni.

Con tutta osservanza

 

Dott. Francesco Bellei

 

 

 

ALLEGATO A

Estratto dell’ordine del giorno votato nel comizio popolare

tenutosi in Borgocollefegato il giorno 25 aprile 1909

 

1° Chi è responsabile di tutti i deficit dei passati cassieri?

 

2° Chi risponde delle spese fatte contro le signore Costantini per l’esproprio della strada di Collemaggiore e tutte le opere prestate ed ora abbandonate?

 

3° Chi risponde delle spese fatte per costruire una fontana a Santo Erasto che ora è abbandonata?

 

4° Chi è responsabile delle spese fatte per l’intervento di un Commissario per il dazio consumo?

 

5° Chi è responsabile delle spese fatte per la lite Martorelli?

 

6° Chi è responsabile delle spese fatte per la lite Petricca D. Silverio?

 

7° Chi è responsabile del denaro speso per una fontana a Ville senza nessuna utilità?

 

8° Chi è responsabile delle spese fatte pel rilascio del fondo del Barone Coletti, tenuto in fitto dal Comune?

 

9° Chi è responsabile pel boschetto S. Rocco in quanto alla vendita degli alberi?

 

10° Perché per più venti anni il Comune paga l’affitto della Casa comunale, quando ne potrebbe accomodare una di sua proprietà?

 

11° Perché il Comune non è alla portata di sapere a quale somma ammontano i debiti e perché si pagano gli interessi?

 

12° Perché la strada di Ville non si accomoda e che trovasi in pessimo stato?

 

13° Chi è responsabile di tutte le spese inutili fatte e quelle che si stanno facendo per la fontana di Borgocollefegato ed altre cose che si svolgeranno in tali operazioni?

 

 

 

Allegato M

Prospetto
delle tasse vigenti per l’applicazione
delle tassa comunali
---------------------------------------------------------------------

Tassa bestiame (nel bilancio 1909 preventivate 18 mila lire)

 

Vacche
Cavalli                          Lire     4,00    a capo
Muli

Somari                         “        1, 60                    “

Capre                           “        1,50           “
Maiali

Pecore                         “        0,70           “

 

N.B. Il bestiame accertato in più dai numeratori
(denunzie infedeli) viene tassato con l’aumento del 30%

 

A seguito del nuovo regolamento approvato con Re Decreto
18 Aprile 909 N. 117 verrà applicata la seguente tariffa.

Vacche
Cavalli                          Lire     5,00     a capo
Muli

Somari                         “        2,00           “

Capre                           “        2,50           “
Maiali                            “        1,25           “
Pecore                         “        0,70           “

 

Tassa esercizio e rivendita - (Preventivato nel 1909 L. 900)

_______________________

 

1a

Categoria

Lire

100,00

6a

Categoria

L.

15,00

Detta tariffa fu deliberata dal Cons. Comunale in data 7 Maggio 1899 approvata dalla G.a P.e il 6 luglio dello anno

2a

50,00

7a

10,00

3a

40,00

8a

5,00

4a

30,00

9a

3,00

5a

20,00

 

 

_______________________

Tassa fuocatico - (Preventivate L. 5.000)

_______________________

1a

Categoria

L. 100,00

Reddito oltre L.5000

15a

Categoria

Lire 40,00

Reddito oltre L.1750

2a

“     90,00

“         fino L. 5000

16a

“    38,00

“         fino L. 1700

3a

“     80,00

“           “   “       4000

17a

“     35,00

“           “   “       1650

4a

“     75,00

“           “   “       3000

18a

“     33,00

“           “   “       1600

5a

“     70,00

“           “   “       2700

19a

“     30,00

“           “   “       1550

6a

“     65,00

“           “   “       2500

20a

“     27,00

“           “   “       1500

7a

“     60,00

“           “   “       2300

21a

“     25,00

“           “   “      1450

8a

“     57,00

“           “   “       2200

22a

“     23,00

“           “   “       1400

9a

“     55,00

“           “   “       2100

23a

“     20,00

“           “   “       1350

10a

“     52,00

“           “   “       2050

24a

“     18,00

“           “   “       1300

11a

“     50,00

“           “   “       2000

25a

“     16,00

“           “   “       1250

12a

“     47,00

“           “   “       1900

26a

“     15,00

“           “   “       1200

13a

“     45,00

“           “   “       1850

27a

“     14,00

“           “   “       1150

14a

“     43,00

“           “   “       1800

28a

“     12,00

“           “   “       1100

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato D

Borgocollefegato: popolazione censimento 1901: n. 6492

 

 

Riparto dei Consiglieri comunali per gruppo
di frazioni approvato dalla G.P.A. il 26.V.1998

Numero

dei gruppi

Frazioni costituenti

il gruppo

Popolazione di ciascuna            

Elettori per

Numero dei Consiglieri assegnati a ciascun gruppo

Elettori politici

Osservazioni

frazione

gruppo

frazione

gruppo

 

1

Borgocollefegato

787

 

76

   

63

I dati del presente prosepetto furono presi nell’anno 1909

Villecollefegato

579

 

49

   

47

Poggiovalle

155

 

14

   

11

Collefegato

81

1.602

1

140

5

1

2

Corvaro

1.468

 

90

   

79

S. Stefano

315

1.783

20

110

6

12

 

 

 

3

Castelmenardo

338

 

24

   

23

 

Pagliara

182

 

8

   

8

 

Collemaggiore

134

 

4

   

4

 

Villette

45

 

   

 

Colleviati

78

 

2

   

2

 

Collorso

62

839

8

46

2

4

 
                 

4

S. Anatolia

857

857

15

15

3

9

 
                 

5

Spedino

295

295

27

27

1

20

 
                 

6

Torano

882

 

30

   

26

 

Grotti

234

1.116

8

38

3

7

 
   

6.492

 

376

 

20

316

 

 

 

Proposta del nuovo
Riparto dei Consiglieri per gruppo di frazioni

 

Numero dei gruppi

Frazioni costituenti

il gruppo

Popolazione di ciascuna            

Elettori per

Numero dei Consiglieri assegnati a ciascun gruppo

Elettori politici

Osservazioni

frazione

gruppo

frazione

gruppo

1

Borgocollefegato

787

 

76

   

63

 

Collefegato

81

868

1

77

3

1

2

Villecollefegato

579

 

49

   

47

Poggiovalle

155

734

14

63

2

11

3

Corvaro

1.468

 

90

   

79

S. Stefano

315

1.783

20

110

5

12

 

 

4

Castelmenardo

338

 

24

   

23

Pagliara

182

 

8

   

8

Collemaggiore

134

 

4

   

4

Villette

45

 

   

Colleviati

78

 

2

   

2

Collorso

62

839

8

46

3

4

               

5

S. Anatolia

857

857

15

15

3

9

               

6

Spedino

295

295

27

27

1

20

               

7

Torano

882

 

30

   

26

Grotti

234

1.116

8

38

3

7

   

6.492

 

376

 

20

316

 

 

 


[1] il comune di Borgocollefegato faceva parte insieme con quello di Pescorocchiano del collegio elettorale di Avezzano. Alle elezioni del marzo 1909 in tale collegio fu eletto deputato Giovanni Torlonia, che nei predetti Comuni ottenne rispettivamente 188 e 111 voti. I Comuni di Fiamignano e di Petrella Salto facevano invece parte del collegio elettorale di Cittaducale nel quale risultò eletto deputato l’ing. Venceslao Amici.gran fautore e progettista della ferrovia Avezzano- Rieti.

[2] Il manoscritto non reca la data della sua redazione o trasmissione.

[3] il sommario è stato aggiunto dal curatore per dare immediata la conoscenza degli argomenti trattati nella Relazione. Esso riporta i titoli dei paragrafi in cui è ripartita la Relazione. Nel testo della Relazione ogni titolo riporta anche , tra parentisi, il riferimento numerico allo specifico punto di proteste elencato nell' ordine del giorno del 25 aprile 1909 dei contestatori della amministrazione comunale

.